Come ho anticipato, ecco la breve intervista che, gentilmente, Andrea Tarabbia mi ha concesso a Matera, nello splendido scenario di Casa Cava. Lo ringrazio tantissimo per avermi dato l’opportunità di porgli queste domande e per la sua estrema disponibilità. È sempre un privilegio avere la possibilità di parlare con gli scrittori delle loro “creature” e avere uno scambio di opinioni con loro, per cui sono felicissima di protervi presentare questo “dialogo”. Con la lettura sono sorti altri interrogativi, per esempio sull’ambigua figura di Gioachino o sulle scelte stilistiche, che non ho potuto esporre al momento dell’incontro, ma in ogni caso l’autore ha risposto ad alcune curiosità che mettono in luce degli aspetti fondamentali di “Madrigale senza suono”.

Buona lettura e in bocca al lupo a Tarabbia per il Premio Campiello!

 

  • Cosa l’ha spinta a parlare di Gesualdo da Venosa?

Una serie di cose. Mi interessava la storia, soprattutto l’omicidio. Però è stata decisiva la lettura di alcuni libri e di Stravinskij. Come ho detto stasera, a me non interessava fare un romanzo storico. Le cose che Stravinskij ha detto, hanno gettato non solo un ponte sul ‘900, ma creavano anche una sorta di rapporto a distanza. Fare un romanzo storico, per raccontare una storia che comunque è già nota su Wikipedia, mi fregava relativamente. In realtà, il discorso era quello di trovare il rapporto con il ‘900, trovare uno che tre secoli e mezzo prima, concepiva la musica la musica nello stesso modo in cui lui la concepiva in quel momento. Così non diventa più raccontare una storia, ma raccontare una relazione.

  • Sentendola parlare del romanzo ho pensato al film “Amadeus”, al rapporto Salieri-Mozart.

Sì, esatto, non so se ti ricordi come finisce, Salieri nel manicomio passa a dare la benedizione ai matti in un corridoio e dice: “Mediocri di tutto il mondo, io vi perdono”. È il tema del film, il motivo per cui Forman ha fatto il film. Ed è lo stesso rapporto.  A Forman non importava fare la storia di Mozart, ma la storia di Mozart vista da un mediocre.

 

  • Mi ha colpito molto la scelta del titolo e il fatto che lei, nel video di presentazione del libro, dica che ha voluto scrivere una sorta di madrigale senza suono, perché non c’è la musica. Secondo lei ci può essere la musica nei libri?

Scrivere di musica nei libri è una cosa molto difficile in assoluto. Nel libro io non parlo di musica, parlo più di suoni. L’ansia di Gesualdo è che ci sono troppi pochi suoni per descrivere il mondo e l’universo. Quindi si parla di suono. Verso la fine del libro c’è una delle varie leggende, secondo la quale ci sia un settimo libro di madrigali di Gesualdo. In verità c’è un tentativo abortivo di fare un libro e il settimo libro, per come è descritto, sembra una cosa fatta in assenza di suono, tipo John Cage.

A conclusione dell’articolo, devo un enorme ringraziamento a Valentina per le foto e per avermi coadiuvata nell’intervista.