Vorrei cominciare questa recensione con un preambolo: ci sono libri che vanno letti, lasciandosi andare alle emozioni, senza che la testa cerchi di analizzarli troppo. Forse è questo il motivo per il quale ho impiegato così tanto tempo per scrivere qualcosa su “Addio fantasmi”, un romanzo dalla prosa raffinatissima che ha un’alta carica emozionale, tutti fattori che probabilmente dovevano essere “assimilati” per essere poi discussi in un articolo.
Nella storia di Ida, che torna in Sicilia per aiutare la madre con i lavori di ristrutturazione della loro casa, non vi è nulla di scontato o sdolcinato perché la donna ci “sbatte in faccia” il dolore per la scomparsa del padre in tutta la sua forza travolgente, non a parole, ma attraverso silenzi, “fughe”, armandosi di una corazza durissima che si è costruita crescendo e un carattere spigoloso, difficile.
L’interiorità della protagonista, un complesso intreccio fatto di “non detti”, di mancate risposte, di sentimenti repressi, ci viene “offerta” in modo diretto, senza edulcorazioni, eppure con mirabile equilibrio.
Nadia Terranova è abilissima nel tratteggiare una figlia che ha vissuto da ragazzina qualcosa che era più grande di lei, nel descrivere una casa realmente e simbolicamente piena di problematiche, di crepe e quindi una famiglia che da porto sicuro diventa ambiente di disagio, di insicurezza.
L’abitazione, dunque, diventa una delle metafore fondanti del libro. Come ha fatto giustamente notare la scrittrice Claudia Durastanti in un suo bellissimo articolo, in “Addio fantasmi” “l’anima si disfa come si disfa una casa”.
L’autrice è in grado, poi, di rendere concreto il “fantasma” di Sebastiano Laquidara, evoca la sua assenza, facendone una presenza quanto mai viva. Il tempo non affievolisce i ricordi, anzi la loro intensità e la loro nitidezza vengono amplificate non solo dall’incertezza sulle sue sorti, ma proprio dall’effetto dirompente che la scomparsa ha avuto sulla psiche della giovanissima Ida.
Oggetti, sogni, stanze, tutto concorre a scavare in una ferita ancora sanguinante. Tangibile ed evanescente, reale e inconscio si fondono e confondono nella narrazione avvicinandoci ai pensieri della protagonista e dando loro corpo e spessore.
Ho parlato di elementi simbolici e uno dei rappresentativi è sicuramente il mare. Da sempre è utilizzato per raffigurare la vita sia nella bonaccia che nella tempesta, l’animo umano e la sua profondità, ma in “Addio fantasmi” assume altre valenze. Anch’esso, infatti, è spazio della memoria e in seguito elemento foriero di catarsi e liberazione.
Più metto per iscritto le mie considerazioni, più mi rendo conto di quanto debba essere stato difficile scrivere quest’opera, parlare di sofferenza con coraggio e verità, in modo franco, asciutto, senza scadere nel sentimentalismo. Penso a quanto debba essere stato complicato non banalizzare un tema tanto importante, dargli sfaccettature inedite. La Terranova riesce in questo intento, non solo grazie al fatto che Sebastiano è andato via e non si sa se sia morto, se si sia rifatto una vita, ma proprio grazie ad una scrittura molto intima e una prospettiva “soggettiva”.
Questa sorta di confessione in prima persona è tanto dura quanto toccante ed è ideale per chi ama libri forti, dal sapore decisamente intenso.
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