Come diceva Shakespeare, siamo fatti fati della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Cito spesso questa frase, ma oggi è vera come non mai. In questo periodo in particolare abbiamo bisogno di evadere, di fantasticare un po’, di trascendere dalla realtà quotidiana attraverso storie scritte o narrate sullo schermo. Ultimamente (ci sono cascata di nuovo, come direbbe qualcuno) sto seguendo con particolare piacere Sen Çal Kapimi, “dizi” che mi tiene compagnia da quest’estate. Visto anche l’avvicinarsi di san Valentino, una bella serie romantica mi pare perfettamente a tema.
La storia comincia quando Eda Yildiz, fioraia desiderosa di diventare architetto paesaggista e di studiar in Italia, incontra o meglio, si scontra verbalmente con Serkan Bolat, architetto e uomo d’affari freddo e dedito solo al lavoro, “colpevole” (per un errore) della revoca della borsa di studio e quindi della mancata realizzazione di tutti i suoi progetti. I due, per una serie di circostanze dovranno fingere di essere di essere fidanzati, ma come chi legger facilmente capirà, il loto sentimento diventerà reale. Serkan, il robot che usa sempre la testa e mai il cuore, si lascerà travolgere dalla vitalità, dalla forza e dall’impulsività di Eda. Il cammino per i nostri due ragazzi non sarà affatto semplice e in effetti anche nelle puntate attuali (la soap è ancora in corso di svolgimento) stanno attraversando un periodo di difficoltà, ma sono convinta che il lieto fine arriverà.
Non solo io sono stata conquistata da Sen Çal Kapimi, ma tantissimi spettatori da tutto il mondo aspettano il sabato per sapere come si evolveranno le vicende di Eda e Serkan e dei personaggi che gravitano intorno a loro. Il mix di commedia, romanticismo e dramma che gli autori hanno concepito sta conoscendo, infatti un successo planetario. All’inizio ho adorato l’attenzione ai particolari, alla simbologia degli oggetti, al potere delle emozioni espresse attraverso i libri (viene citato più volte “il Piccolo Principe” oppure “Madonna col cappotto di pelliccia” di Sabahattin Ali, pubblicato in Italia da Fazi), la capacità di inserire elementi che arrivano dritto al cuore degli spettatori, messe in campo dalla sceneggiatrice Ayse Uner Kutlu e sto seguendo con altrettanta partecipazione le pieghe che la “narrazione” sta prendendo grazie a nuovi sceneggiatori.
Molti i messaggi positivi che la serie vuole veicolare, a partire dalla protagonista femminile. Eda è una donna forte, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, uomini o altre donne che siano, che vuole essere artefice del suo destino, ha sofferto molto, ma non si è lasciata mai abbattere dalle avversità. Ha cercato e trovato sempre il lato positivo delle cose. Non è un caso che attraverso la cura dei fiori cerchi di infondere coraggio ai bambini di un orfanotrofio, insegnando loro botanica, in modo che possano prendere esempio dai fiori e dalle piante che resistono alle intemperie. Pensando alla Yildiz (questa parola in italiano vuol dire stella) mi viene in mente una citazione tratta da “Rosso Istanbul” di Ferzan Ozpetek, sempre per rimanere in ambito letterario: “Impara dai fiori a essere paziente, ad aspettare. Perché i fiori lo sanno che dopo un gelido inverno arriva la primavera. Bisogna solo avere pazienza”.
Anche l’amicizia e la solidarietà femminile hanno un ruolo notevole: avendo perso i genitori Eda considera la sua famiglia non solo sua zia (una donna autonoma e indipendente, che le consiglia sempre di non mettere la sua vita nelle mani di nessuno), ma anche le sue tre amiche Melo (il mio personaggio preferito per la sua dolcezza, il suo incrollabile ottimismo e la sua sincerità), Ceren e Fifi, che le stanno costantemente vicino.
Il libello dell’interpretazione degli attori è elevatissimo. Hande Erçel proprio la scorsa settimana ha dato un saggio della sua bravura e non è da meno Kerem Bursin, che ha dovuto fronteggiare la “resa” dei cambiamenti di Serkan. Una menzione speciale va a Neslihan Yeldan, che interpreta Aydan Bolat: nel corso delle 30 puntate andate in onda ha cambiato registri per dare vita alla complessa mamma di Serkan, divertente e commovente, intensa e “leggera” al momento giusto, perfetta in ogni accento ed ogni battuta.
Un altro plauso va fatto alla scelta della colonna sonora. Sia i brani strumentali, che quelli “cantati” sono eccellenti. Mi permetto di consigliarvi l’ascolto di “Gold”, “Bir anda”, “Who do you love?” e “Sen Cal Kapimi”, a cui dà voce Başak Gümülcinelioğlu, attrice che ha il ruolo di Piril.
Se volete vedere virtualmente alcune delle location della fiction, in attesa della puntata di questa sera, vi consiglio di visitare la Pagina “Destinazione Istanbul”. Non mi resta che augurarvi buona visione.
P.S. Se avete cominciato ad amare come me Istanbul e la Turchia, vi vorrei indicare, oltre a quelli citati nella recensione, alcuni libri che ho amato molto: “La stranezza che ho nella testa” e Istanbul di Orhan Pamuk, “Quel tipo di donna” di Valeria Parrella, “I segreti di Istanbul di Corrado Augias”. Per approfondire la lingua invece ho acquistato “Che parlo turco?” di Fatma Emine Umur.
Buona lettura!
Rispondi