Ho pensato a lungo ad un mondo originale e non banale per ricordare Emily Brontë nel giorno del bicentenario della sua nascita e mentre riflettevo mi sono venuti in mente i versi di una splendida canzone, che a mio parere la descrivono perfettamente: “così sfuggente e libera”. Sfuggente a qualsiasi tentativo di definizione (la sua opera è qualcosa di assolutamente estroso ed innovativo non ingabbiabile in canoni letterari), sfuggente per la sua anima ritrosa e libera per una forza creativa che non conosce limiti e non bada alle convenzioni. Quest’autrice è sempre stata, per me, la personificazione del potere dell’immaginazione che permette di spezzare le catene anche della più triste realtà e di superare i confini geografici e mentali. Quando da bambina l’ho “incontrata” per la prima volta, in un’assolata giornata estiva, grazie ad un bibliotecario appassionato che mi ha messo tra le mani Cime tempestose, sono stata immediatamente abbagliata dal suo talento straordinario, dalla stupefacente carica emotiva ed evocativa della narrazione, pienamente visibile anche nelle sue poesie che ho scoperto successivamente e che costiuiscono un universo artistico di incommensurabile valore.
Proprio ad una delle poesie più famose della scrittrice inglese, dedicata al “dio delle visioni”, a ciò che l’ha resa immortale, lascio il compito di rappresentare tutta la sua opera che ancora oggi non smette di emozionare e di conquistare innumerevoli lettori.
Buon duecentesimo compleanno Emily Jane!
ALL’IMMAGINAZIONE (Traduzione di Anna Luisa Zazo)
Quando, stanca degli affanni del giorno,
del terreno trascorrere di pena in pena,
perduta, prossima a disperare,
torna dolce a chiamarmi la tua voce;
non sono più sola, fedele amica,
se tu ancora puoi parlarmi così!
Non ho speranze nel mondo di fuori;
due volte mi è caro il mondo che è in me;
dove astuzia, odio e dubbio,
e freddi sospetti non hanno dimora;
il tuo mondo in cui tu e io e la libertà,
godiamo di sovranità indiscussa.
Che importa se mi circondano
tenebre, pericolo e colpa:
nel rifugio del nostro cuore
serbiamo limpido un cielo di luce,
caldo dei mille e mille raggi
di soli che non conoscono l’inverno.
La ragione, è vero, spesso lamenta la triste realtà della natura,
e al cuore dolente ripete che vani
saranno sempre i suoi sogni più cari;
e la verità può calpestare rudemente
i fiori nuovi della fantasia:
Ma tu, sempre presente accanto a me,
mi riconduci l’errabonda visione,
e dalla spenta stagione infondi nuova gloria,
e dalla morte trai vita più dolce,
e sussurri con voce divina,
di mondi reali, splendenti come il tuo.
Non do fede alla tua gioia fantasma,
pure, nella quieta dell’ora notturna,
il cuore colmo di gratitudine nuova,
accolgo te, forza benigna;
conforto certo delle umane cure,
più dolce speranza, se la speranza dispera.
23 settembre 1884