Un libro e un caffè

"Leggere è sognare per mano altrui". Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

Mese: giugno 2019

Consigli di lettura: “Dentro soffia il vento” di Francesca Diotallevi (Neri Pozza, 2016/Beat, 2018)

“Ci sono persone destinate a fare del mondo la loro casa e altre radicate a fondo in un luogo. Tu sei come un fiore della valle, non puoi sopravvivere altrove”.

“Rhian aveva ragione: non me ne sarei andata. Ero il bosco e il ruscello che lo attraversava, ero la roccia ferrosa e il ghiaccio del valico”.

Mi sto “innamorando” sempre di più della scrittura di Francesca Diotallevi, emozionale, ma rigorosa, evocativa, ma precisa. Adoro il suo voler raccontare storie di marginalità, il suo delineare personaggi apparentemente estranei al mondo, che da esso sembrano volersi nascondere e proteggere, eppure capaci di guardarlo con una lucidità impressionante.

Ho amato tantissimo “Dai tuoi occhi solamente” e sono stata conquistata anche dalla forza e dall’afflato poetico presenti in “Dentro soffia il vento”.

A mio avviso quella della Diotallevi è una delle “voci” letterarie più convincenti degli ultimi anni.

Trama del romanzo: In un avvallamento tra due montagne della Val d’Aosta, al tempo della Grande Guerra, sorge il borgo di Saint Rhémy: un piccolo gruppo di case affastellate le une sulle altre, in mezzo alle quali spunta uno sparuto campanile. Al calare della sera, da una di quelle case, con il volto opportunamente protetto dall’oscurità, qualche “anima pia” esce a volte per avventurarsi nel bosco e andare a bussare alla porta di un capanno dove vive Fiamma, una ragazza dai capelli così rossi che sembrano guizzare come lingue di fuoco in un camino. Come faceva sua madre quand’era ancora in vita, Fiamma prepara decotti per curare ogni malanno: asma, reumatismi, cattiva digestione, insonnia, infezioni… Infusi d’erbe che, in bocca alla gente del borgo diventano “pozioni” approntate da una “strega” che ha venduto l’anima al diavolo. Così, mentre al calare delle ombre gli abitanti di Saint Rhémy compaiono furtivi alla sua porta, alla luce del sole si segnano al passaggio della ragazza ed evitano persino di guardarla negli occhi. Il piccolo e inospitale capanno e il bosco sono perciò l’unica realtà che Fiamma conosce, l’unico luogo in cui si sente al sicuro. La solitudine, però, a volte le pesa addosso come un macigno, soprattutto da quando Raphael Rosset se n’è andato. Era inaspettatamente comparso un giorno al suo cospetto, Raphael, quando era ancora un bambino sparuto, con una folta matassa di capelli biondi come il grano e una spruzzata di lentiggini sul naso a patata…

Foto: Valentina Ponzo

 

“Guardare per aria” di Bianco (INRI, 2015)

Se dovessi definire in qualche modo Alberto Bianco, lo definirei un cantautore impressionista. I pittori impressionisti dipingevano “en plein air”, il cantante “guardando per aria” ha provato con delicatezza, con contorni delicati, quasi sfumati, ma senza trascurare la nitidezza e la chiarezza, a dipingere l’immenso che può trovarsi in un cuore, in un’anima e in una vita, in apparenza “spazi” chiusi e limitati, in realtà aperti e potenzialmente “contenitori d’infinto”.

Nelle canzoni dell’album che ho ascoltato ho riscontrato un tratto leggero, nella scrittura e nel sound, introspezione e abilità di comporre immagini evocative, ma mai troppo concettuali, anzi in alcuni momenti la sensorialità trapela dalle immagini scelte per la composizione (il profumo dei gerani il verde delle betulle e del bosco in generale, ad esempio).

Ascoltando i brani si percepisce una sensibilità spiccata e non così scontata, anche se dovrebbe essere una qualità imprescindibile per un artista. A volte però questa capacità di sentire e di trasmettere quello che si sente è filtrata, come se si volesse dare, ma non tutto. Invece ascoltando le canzoni di Bianco si percepisce un’apertura totale e una grande sincerità, un’abilità particolare nel maneggiare le parole per trasmettere i moti dell’animo e di essere empatico.

“Resto da solo/ penso ai ricordi/con mio nonno sul mare/ In quella casa/ su quel balcone/ che sa di geranio/ In un cortile/ fra dieci anni/ o su un albero” “La felicità/ è un drago fatto di/ gesti piccoli/ ma così piccoli/ quasi invisibili”.

È impossibile non sentirsi toccati da questi versi, è impossibile non provare la sensazione di aver in qualche modo vissuto o provato le stesse cose.

“Il futuro come la pelle cambia colore quando è vacanza/ poi torna settembre macchiato, secco e cadente/ Come una farfalla tu muovi l’aria di questa stanza/ io vedo le tue parole chiare di chi sa già cosa fare/ tu che colori anche la mia ombra/ ed io con il cuore che pesa più della testa”.

Queste righe tratte da Aeroplano ci restituiscono una dichiarazione d’amore bellissima, ma anche un’esternazione molto personale e intima, se vogliamo.

Insomma l’io del cantautore viene offerto a chi ascolta in modo totale e chi è altrettanto aperto e disposto ad accoglierlo, ma soprattutto a ritrovare il proprio io in un brano, non potrà che apprezzare le composizioni di Bianco.

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