A Porvenir c’è un ufficio postale e c’è una postina, Sara; poi ci sono tante altre persone: vecchie e giovani, tristi e felici, povere e ricche. Ma cosa succede se l’ufficio postale dopo quasi 100 anni rischia di chiudere per mancanza di lavoro costringendo Sara a trasferirsi in città con i suoi tre figli? Succede che queste persone si mobilitano per risollevare la situazione creando una catena di corrispondenza. E con le lettere come filo conduttore nascono amori, amicizie, si scopre la poesia e si parla anche della morte. Lettere e persone, persone che si scrivono lettere e lettere che salvano e uniscono le persone. Quando mi é capitato tra le mani “Il club delle lettere segrete ” ho pensato al tipico libro da spiaggia, uno di quei libri che lascia senza rimpianti sul lettino a bordo piscina per un tuffo rinfrescante. Bene, mi sbagliavo eccome! L’ho letteralmente divorato in due giorni e ne ho fatto una bella indigestione e se dovessi descriverlo con una parola questa sarebbe “positivo”. Leggere questo libro è infatti una iniezione di positività e di fiducia verso il prossimo, ci fa riflettere sulle nostre azioni quotidiane e sull’altruismo. Ecco… positivitá, fiducia, altruismo… tre parole di cui abbiamo veramente bisogno, oggi più di ieri. A dirla così si potrebbe pensare ad un libro banale e sdolcinato ma non lo è affatto!! Vi dovete fidare. Una volta ho letto che puoi dire che un libro ti è veramente piaciuto quando dopo averlo terminato senti già la mancanza dei protagonisti… ecco a me un po’ mancano già Sara, Alma, Alex, Rosa e tutte le altre persone positive e giuste che popolano questo club e voglio un po’ sperare che di persone così ce ne siano, anzi sono convinta che ci siano!
Mese: luglio 2016
Zadie Smith è entrata nel novero delle mie autrici preferite pagina dopo pagina, grazie alla sua profondità e alla sua capacità di costruire personaggi complessi, proposti con sconcertante sincerità in tutte le loro contraddizioni.
Nel romanzo L’Ambasciata di Cambogia viene presentato un altro profilo perfettamente tratteggiato, quello della giovane cameriera, “schiava” (quasi) inconsapevole, Fatou.
La giovane è arrivata dall’Africa, passando dalla Libia e dall’Italia, per lavorare a casa della famiglia Derawal, che risiede a Willesden, dove è stata appena aperta l’Ambasciata di Cambogia, avvolta dal mistero per lei, visto che il suo interno le è precluso e può solo immaginarlo dai “rumori” derivanti da una partita di badminton.
Senza passaporto, senza uno stipendio ‒ il suo salario viene usato per pagare vitto e alloggio ‒ la ragazza accetta la sua condizione di subalternità con rassegnazione e orgoglioso silenzio.
Si concede solo qualche atto di ribellione: usare dei buoni omaggio destinati ai “padroni” per nuotare in un albergo di lusso e coltivare in segreto l’amicizia fraterna con Andrew, che le permette di sfogarsi, di saziare in qualche modo la sua sete di comunicazione e di sapere.
Fatou infatti ha un spirito critico, valuta il modo in cui i deboli, lei compresa, reagiscono ai soprusi e l’Ambasciata simboleggia proprio le storture della Storia oltre che quella componente misteriosa presente in ogni esistenza. Vuole capire se stessa, il mondo che la circonda il male e cerca delle risposte nella fede, forte nonostante abbia molti dubbi.
Il suo cammino è continuamente in salita, eppure resta granitica, pronta ad affrontare tutto con la fierezza che le è propria e a rivendicare i suoi piccoli, ma importanti -momenti di autodeterminazione.
Breve eppure perfettamente compiuto, il libro è un vero sfoggio di maestria narrativa e di analisi psicologica, un capolavoro che non solo chi ama la lettura, ma anche chi apprezza la buona scrittura non può perdere.
La vita di Viktor, psichiatra di professione, è sconvolta dalla scomparsa di sua figlia Josy affetta da una malattia sconosciuta. Rifugiatosi nella casa della sua infanzia, su un’isola sferzata dal vento e dalla tempesta, incontra Anna Spiegel, scrittrice schizofrenica di libri per bambini. Anna sostiene di vedere materializzarsi i protagonisti delle sue favole tra i quali c’è anche Charlotte la cui storia somiglia in maniera sconvolgente a quella di Josy. Chi è questa donna misteriosa dal passato torbido? Cosa si nasconde dietro le turbe psichiche di Anna? Riusciranno gli ultimi capitoli della storia di Charlotte a far luce sulla scomparsa di Josy? In questo libro, il primo che leggo di questo autore, Fitzek ci prende per mano e ci conduce nell’oscurità della mente umana con un ritmo talmente incalzante tanto che alla fine di ogni capitolo ci si accorge di aver trattenuto il fiato in trepidante attesa. I continui sbalzi temporali, se inizialmente creano confusione e smarrimento, permettono poi di mettere ogni tessera del puzzle al suo posto. Veramente una bella storia, curiosa, ben costruita e con una caratterizzazione dei personaggi che lascia poco spazio all’immaginazione. Se vi avvicinate a questo libro preparatevi a batticuore e continui colpi di scena; la vostra mente verrà catapultata sull’isola di Viktor e riuscirete perfino a sentire il sibilare del vento e lo scrosciare della pioggia.
Ci sono libri nei quali è lampante l’urgenza comunicativa da cui sgorgano, che arrivano al cuore e allo stomaco con semplicità, senza inutili sofisticazioni.
I miei piccoli dispiaceri, della canadese Miriam Toews, pubblicato da Marcos y Marcos, nasce dall’esigenza dell’autrice di esorcizzare il dolore per la scomparsa della sorella e mi ha conquistata perché è diretto, vero e intenso.
Le protagoniste sono, appunto, due sorelle, unite da un profondo affetto. Yoli, la più piccola, tenta di essere il filo che tiene legata alla vita Elfrieda, talentuosa e bellissima pianista di fama internazionale. La donna vuole disperatamente morire e Yolandi cerca con pazienza di farla desistere dal suo intento.
Mentre si occupa di Elf, però, Yoli deve pensare anche alla sua vita burrascosa, alle sue relazioni instabili, ai due figli da mantenere, ai due ex mariti piuttosto egoisti, ai soldi che mancano.
È una scrittrice e proprio nella costruzione di una storia che la rappresenti, nelle parole che possono curare, far esplodere e lenire i propri tormenti, riesce a trovare un valvola di sfogo.
La trama potrebbe far pensare a un’opera triste, piena di dolore e in parte è anche così, ma I miei piccoli dispiaceri emana positività non solo perché è pieno di ironia e vitalità, ma anche perché trasuda voglia di non arrendersi, di lottare sempre anche quando tutto sembrerebbe perduto.
Ci mostra, inoltre, l’importanza della solidarietà, dell’amore incondizionato, del sostegno reciproco e anche, se vogliamo, la bellezza assoluta dell’arte (Yoli vuole trasformare i suoi pensieri in romanzi mentre Elf trasferisce la sua anima sui tasti del pianoforte tanto da sconvolgere chi la ascolta) che non è un mero esercizio estetico, ma un mezzo espressivo viscerale che fa parlare anche quando esteriormente si tace.
Con un pizzico di follia e tanta voglia di cominciare una nuova avventura ho deciso di dare vita a questo blog con lo scopo di condividere, con chi vorrà, la mia passione per la lettura.
Vi chiederete come mai abbia scelto di chiamarlo Un libro e un caffè. Per prima cosa amo perdermi tra le pagine di un libro sorseggiando una gustosa tazzina di caffè, in secondo luogo mi piacerebbe che questo spazio diventasse una sorta di caffè letterario virtuale in cui chiacchierare e scambiarsi opinioni.
Ad affiancarmi in questo viaggio ci sarà la mia carissima amica, nonché avida lettrice, Cecilia che nel suo angolino ci offrirà le sue recensioni.
Non mi resta che darvi appuntamento al prossimo post e, ovviamente, augurarvi BUONA LETTURA!!!!