Lassati stari, non durmiti chiùi,

ccà ‘mmenzu a iddi dintra a ‘sta vanedda

ci sugnu puru iù ch’aspettu a vui

pri vidiri ‘ssa facci accussi bedda

passu ccà fora tutti li nuttati

e aspettu puru quannu v’affacciati

E fu così, sulle note dolcemente struggenti di questa canzone, che scoprimmo la voce intonatissima e armoniosa di Catena Fiorello Galeano, in una bellissima serata estiva, a Senise (PZ), ad un evento organizzato dal Rotary Club Sinnia, con la collaborazione dell’Avis e del Comune.

In realtà non è stata l’unica interessante scoperta di quella sera, durante la presentazione dell’ultima fatica letteraria dell’autrice, “I cannoli di Marites”: la sua umanità e la sua simpatia sono state, onestamente, inaspettate, per chi, come me, non la conosceva in modo approfondito. La scrittrice è riuscita ad incuriosire e ad affascinare chi l’ascoltava con una semplicità incredibile, grazie ad una capacità di comunicazione eccezionale, senza risultare pedante e senza affettazione.

Mentre firmava le copie dell’opera ha dedicato del tempo ad ognuno dei lettori presenti nonché all’adorabile cagnolino Balù e a noi di “Un libro e un caffè”, interloquendo come se fosse una conoscente di lunga data. Consiglio a tutti, assolutamente, di presenziare ad un incontro con la scrittrice siciliana, perché di sicuro saranno delle ore piacevolissime.

Dopo questo doveroso preambolo, però, vorrei parlare nel dettaglio del libro, che è il secondo capitolo della serie dedicata alle mitiche cinque signore di Monte Pepe (il primo si intitola “Cinque donne e un arancino”), donne meravigliose che hanno aperto una rosticceria in questo delizioso borgo in Sicilia, riuscendo a renderla famosa in tutto il mondo. Il notevole successo dell’attività spinge le signore a cercare un aiuto, per cui assumono Marites, una giovane cuoca che proviene dalle Filippine e che si rivela abilissima nella preparazione delle leccornie locali.

Rosa e la sua tenacia, Nunziatina e la sua ricerca della poesia in ogni momento della giornata perché i versi consolano e liberano le emozioni, Maria e la sua timidezza, Sarina e la sua inquietudine, Giuseppa e la sua sagacia ma anche la sua volontà di apprendere, Marites e la sua forza di volontà: tutte le componenti di questo gineceo, alle prese con le loro personali battaglie, i loro amori, i moti del loro animo, le loro debolezze, il loro coraggio, non possono non entrare nel cuore di chi fa la loro conoscenza.

Personalmente, devo confessarlo, sono stata letteralmente folgorata da Nunziatina: abbiamo disperatamente bisogno di poesia in questo mondo che purtroppo spesso ci mostra solo il suo lato peggiore e che non invoglia a cercare la meraviglia nelle cose più comuni; così come tutti i posti in cui viviamo, piccoli o grandi che siano, dovrebbero diventare “Borghi della Poesia e dell’Incanto”.

Essendo una storia prevalentemente al femminile, si è toccato, approfondendo il testo, un tema importantissimo, quello del femminismo e in particolare si è detto che il femminismo di sostanza spesso si “scontra” con il femminismo di concetto, che a volte fa perdere vigore a tutte le battaglie delle donne; è stata affrontata, poi, anche la tematica dell’integrazione.

Quello raccontato in questo volume è, senza dubbio, un femminismo di sostanza, perché la solidarietà tra donne, la forza di prendere decisioni scomode e di sostenerle, sono l’esempio perfetto di come si possa essere concretamente femministi, e quella che emerge dal libro è una reale integrazione, quella senza riserve che porta al rispetto totale, non alla semplice accettazione dell’altro.

Ci si sente a casa a Monte Pepe, in un microcosmo fatto di valori veri, di sentimenti veri, di sapori veri (non è un caso che i piatti tipici, i paesaggi della terra d’origine siano raccontati con dovizia di particolari), così come il linguaggio è assolutamente autentico, semplice, ma non piatto, raffinato al punto giusto e con alcune deliziose incursioni del dialetto.

Ci si sente a casa nel romanzo di Catena Fiorello Galeano, così come, si respirava un’atmosfera familiare mentre lei dialogava con il pubblico. È raro che i libri siano lo specchio fedele di chi li ha concepiti, ma mai come in questo caso posso testimoniare che scritto e autore sono assolutamente un tutt’uno. Niente trucchi, niente inganni, solo verità e una narrazione adatta a tutti e che può arrivare a tutti. Credo che non ci sia nulla di più bello!

Vorrei tanto qualche spoiler sulle prossime avventure che attendono le nostre signore, ma per quello, lo so già, dovrò attendere. Sarà però, senz’altro, un altro viaggio fantastico.

Postilla con le domande che avrei voluto rivolgere a Catena Fiorello Galeano:

  • Tra le protagoniste, qual è quella in cui Lei si rispecchia di più?
  • Ha tratto ispirazione da qualche donna di sua conoscenza in particolare?
  • Come si riesce a mantenere l’equilibrio fra semplicità e raffinatezza?
  • Ha detto che le piacerebbe fare un giro per i paesi i più piccoli della Basilicata e diventare una “cantastorie”. C’è un retaggio derivante dalla narrazione orale nel suo romanzo?
  • Nel testo viene, ovviamente, raccontata la Sicilia in tutta la sua bellezza, però ho anche l’impressione che Monte Pepe diventa quasi un archetipico: è un’impressione corretta?