Il viaggio di Anna Bells Campani e Raffaella Di Girolamo continua con la seconda parte di ”365 giorni senza di te” e, insieme al loro viaggio narrativo, proseguono l’autoesilio di Can Divit che vaga per il mondo, in attesa di sentirsi pronto per tornare a casa e “l’inverno emotivo” di Sanem Aydin, che dopo le cure in una clinica, va a vivere in una tenuta in campagna. Navigando e arrivando nei luoghi più disparati, da Panama alla Tunisia, dalla Scozia all’Italia, Can cerca di dimenticare, di alleviare il suo senso di colpa per aver lasciato Sanem, ma ogni luogo le racconta di lei, in ogni luogo la vede mentre dal canto suo la giovane, ha il cuore pieno di dolore, ma anche del ricordo del suo amor, congelato in stessa, forse, che possa tornare a vivere. Il nostro protagonista tornerà ad Istanbul, la sofferenza della nostra scrittrice finirà? Lo scopriamo alla fine del testo, ma il percorso per arrivare all’epilogo è denso di emozioni.
Anna e Raffaella hanno fatto centro ancora una volta, componendo un libro emozionante e che riesce a far breccia nel cuore di chi legge. È chiaro, intanto, il loro percorso di maturazione nella scrittura. La loro complicità, è sempre intatta e si intuisce dal fatto che le parti scritte dall’una e dall’altra sono perfettamente integrate, cosa che è avvenuta in modo assolutamente spontaneo (me lo hanno confermato durante la presentazione svolta a ridosso dell’uscita del romanzo). Anche nella seconda parte di 365 giorni sono riuscite ad integrare efficacemente alcuni (pochissimi, in realtà) elementi della storia di Erkenci kus con quelli di loro invenzione. La storia di Erkenci è diventata la loro storia, grazie all’inventiva e all’abilità narrativa e personalizzandola sono riuscite nell’intento di avvicinarla ancora di più allo spettatore oltre che ovviamente al lettore. Uno degli elementi di discrepanza dalla serie è un’attualizzazione della narrazione, grazie all’inserimento di più riferimenti temporali o episodi riconducibili a momenti precisi (Erkenci è sicuramente atemporale), cosa che indubbiamente avvicina le vicende dei personaggi al pubblico. A proposito di tempo, sono presenti numerosi flashback, che sono come il ravvolgersi di un nastro, un seguire i passi a ritroso, per ritornare a casa, al punto di partenza. Ho apprezzato tantissimo i ritratti delle donne di Erkenci e l’attenzione alle problematiche femminili, purtroppo ancora di grande attualità. Parte della magia della dizi tuca da cui ha preso spunto il lavoro di Anna e Raffaella deriva, a mio parere, deriva dall’inserimento di costanti rimandi simbolici, simboli che ritornano in modo puntuale e anche suggestivo, nello scritto. La cosa, forse, più bella di quest’opera, è che ognuno potrà trovare un legame con qualcosa di personale e penso che sia proprio questo uno dei segreti del successo di questa “fanfiction”. Ad esempio, uno dei momenti che ho preferito è quello in cui Can, in scozia, trova una libreria ambulante, sceglie un libro e lo legge, trovando delle parole che sembrano parlare della sua vita. Ebbene, in quel momento ho pensato al “Bibliomotocarro”, ideato da un maestro in pensione e che andava in gio per la mia regione, a regalare libri ai bambini die paesi più piccoli e più difficilmente raggiungibili. Mi sono commossa e non nascondo che mi è successo in più punti, soprattutto nelle parti conclusive del romanzo. Concludo citando uno dei passi a mio avviso più commoventi del libro e augurando ad Anna e Raffaella buona fortuna per il loro futuro, le seguirò ancora con entusiasmo, aspettando quanto di nuovo produrranno.
“Fa così freddo, dicembre è ormai arrivato. Ho sempre amato la neve, la attendo da giorni e rende la mia Istanbul ancora più bella. È così romantica, ma anche malinconica. Come si fa a pensare che sia qualcosa di assolutamente gioioso un piccolo fiocco che cade sul terreno e che un attimo dopo si scioglie? Mi rendo conto che col tempo mi sono trasformata in quel fiocco, ma non mi sono ancora posata e sto ferma tra cielo e terra”