Un libro e un caffè

"Leggere è sognare per mano altrui". Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

Mese: febbraio 2021

Le donne di “Bridgerton”.

Ebbene, sì, dalla scorsa settimana posso annoverarmi tra gli 82.000.000 di spettatori che su Netflix hanno guardato la serie Tv, “Bridgerton”, tratta dai romanzi di Julia Quinn, che leggerò presto. La nostra Valentina me l’ha caldamente consigliata e devo dire che ho fatto benissimo a darle retta. Come chi mi segue sa, amo tutto ciò che è rétro, i romanzi e le serie in costume e questa è fatta davvero bene, a partire dall’otitma scelta degli attori, che hanno interpretato in modo egregio i loro ruoli, costumi meravigliosi e musiche suggestive. Il mio intento però non è quello di scrivere una recensione, anche perché prima di poter giudicare la serie dovrei leggere i libri della Quinn, quanto parlare brevemente dei personaggi femminili dello show, perché una delle cose che mi ha colpito di più è la panoramica sulla condizione della donna in epoca Regency. In realtà questa riflessione è estendibile anche ai giorni nostri, se si pensa che proprio Phoebe Dynevor, protagonista della serie, si è lamentata del fatto che lei dovesse apparire sempre vestita e curata al meglio nelle interviste, mentre il suo collega aveva la facoltà di indossare ciò che voleva.

Tornando all’intento di questo mio articolo voglio cominciando parlando delle “mamme” dei personaggi principali. Lady Featherington e Lady Bridgerton sono entrambe preoccupate di dare alle loro figlie un avvenire sicuro, di “procurare” loro un matrimonio che le faccia rimanere rispettabili e un marito che garantisca loro l’agio adeguato alla loro condizione. Se la prima mi ricorda per certi aspetti Mrs. Bennet di Orgoglio e Pregiudizio, un caterpillar nel perseguire il suo scopo e a volte quasi inopportuna (vive l’incubo peggiore quando scopre che non ha più soldi per la dote delle sue “bambine”), la seconda è sicuramente più amorevole ed attenta anche alle esigenze della figlia (dei figli), ma altrettanto conscia del fatto che sposarsi e sposarsi bene, era l’unica prospettiva per assicurare un avvenire sereno ad una ragazza.  Lady Danbury non è la mamma biologica del duca di Hastings (il protagonista maschile della storia), ma lo ha curato sin dall’infanzia dopo la morte della duchessa, lo ha educato, protetto dal padre tirannico e aiutato a superare le sue difficoltà. È una donna emancipata, forte e libera, molto più delle due che ho citato prima.

Parliamo ora della protagonista. Daphne è sicuramente tradizionalista, sa cosa deve fare e non intende ribellarsi alle regole della società in cui vive. Queste regole però vuole viverle a modo suo, per quanto possibile. Vorrebbe l’amore che ha visto fra i suoi genitori, ma comprende anche che purtroppo, se necessario, dovrà farne a meno. Alla fine devo dire che non le è andata mica male. Non dev’essere stato difficile sposare un duca bello, tormentato, ma buono e innamorato di lei!

La Regina Charlotte è sicuramente una persona complessa, ironica ed egocentrica, manipolatrice, ma anche magnanima. A dispetto però della sua aura imperturbabile, anche lei deve fronteggiare alcune problematiche ed è proprio in questo frangente che la vedremo più umana e fragile.

Marina Thompson rappresenta la ragazza perduta. Lady Featherington la vuole costringere ad un matrimonio riparatore quando scopre che aspetta un figlio da un soldato che è partito in guerra. La giovane è costretta anche ad utilizzare l’inganno, in particolare con Colin Bridgerton, per raggiungere l’obiettivo di non essere disonorata e soprattutto dare un futuro alla creatura che aspetta.

È il turno di Penelope Featherington, personaggio straordinario, che come la sua omonima omerica conosce la pazienza e anche l’arte della trama. Amica fedele (che a volte commette degli errori), “vittima” di un amore non corrisposto, conscia di non essere bella in senso canonico, è meno sottomessa di quanto possa sembrare e a modo suo, reagisce agli eventi non in modo passivo.

E poi c’è lei, la mia preferita, Eloise Bridgerton. Infagottata nei suoi deliziosi abiti a collo alto (tranne che per il ballo di debutto), ingenua, completamente estranea alle dinamiche sociali e più desiderosa di stare in biblioteca che di andare ad una festa, è l’outsider per eccellenza (è tenerissima quando ringrazia la sorella per essere perfetta in modo che lei non debba esserlo), all’apparenza, che però nasconde un mondo dentro. È il personaggio femminile più dolcemente anticonvenzionale. Con un libro tra le mani, cerca di comprende le dinamiche sociali alle quali non ama sottostare, è l’unica che vuole smascherare, insieme alla regina, Lady Whistledown, la scrittrice che racconta pettegolezzi, segreti e vizi di tutta l’alta società, non per punirla, ma per capire. Curiosa e riflessiva, stende silenziosa il suo sguardo per analizzare ciò che vede.

Come si vede, sono raccontati tane tipologie di donne, ognuna con le sue peculiarità, con i suoi pregi e i suoi difetti e devo dire che questa panoramica mi ha proprio conquistata, ma soprattutto, mi ha fatto tanto riflettere.

Tra rime e romanzi sparsi… Buon San Valentino!

“Che cos’è l’amor”, si chiedeva Vinicio Capossela in un travolgete brano. Dare una risposta a questa domanda è complicatissimo, ma di sicuro l’amore è stato materia viva per poeti e scrittori. In vista della festa degli innamorati volevo consigliarvi alcuni romanzi a tema, ma poi ho pensato di aggiungere alcune delle mie poesie “romantiche” preferite. Pochi giorni fa, cercando un testo in soffitta, ho trovato una vecchia edizione di un libro di Neruda e ho avuto la folgorazione. La poesia è troppo spesso, purtroppo, trascurata e quindi quale occasione migliore per rispolverare alcune splendide creazioni in versi.

Sonetto XVII

(Pablo Neruda)

Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio

o freccia di garofani che propagano il fuoco:

t’amo come si amano certe cose oscure,

segretamente, tra l’ombra e l’anima.

T’amo come la pianta che non fiorisce e reca

dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;

grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo

il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,

t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:

così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,

così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,

così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

 

Infinità d’amore

(John Donne)

Se ancor non ho tutto l’amore tuo,

cara, giammai tutto l’avrò;

non posso esalare un altro sospiro per intenerirti,

né posso implorare un’altra lacrima a che sgorghi;

ormai tutto il tesoro che avevo per acquistarti

– sospiri, lacrime, e voti e lettere – l’ho consumato.

Eppure non può essermi dovuto

più di quanto fu inteso alla stipulazione del contratto;

se allora il tuo dono d’amore fu parziale,

si che parte a me toccasse, parte ad altri,

cara giammai tutta ti avrò

Ma se allora tu mi cedesti tutto,

quel tutto non fu che il tutto di cui allora tu disponevi;

ma se nel cuore tuo, in seguito, sia stato o sarà

generato amor nuovo, ad opera di altri,

che ancor possiedono intatte le lor sostanze, e possono di lacrime,

di sospiri, di voti, di lettere, fare offerte maggiori,

codesto amore nuovo può produrre nuove ansie,

poiché codesto amore non fu da te impegnato.

Eppur lo fu, dacché la tua donazione fu totale:

il terreno, cioè il tuo cuore, è mio; quanto ivi cresca,

cara, dovrebbe tutto spettare a me.

Tuttavia ancor non vorrei avere tutto;

chi tutto ha non può aver altro,

e dacché il mio amore ammette quotidianamente

nuovo accrescimento, tu dovresti avere in serbo nuove ricompense;

tu non puoi darmi ogni giorno il tuo cuore:

se puoi darlo, vuol dire che non l’hai mai dato.

il paradosso d’amore consiste nel fatto che, sebbene il tuo cuore si diparta,

tuttavia rimane, e tu col perderlo lo conservi.

Ma noi terremo un modo più liberale

di quello di scambiar cuori: li uniremo; così saremo

un solo essere, e il Tutto l’un dell’altro.

 

Ti amo come se mangiassi il pane

(Nazim Hikmet)

Ti amo come se mangiassi il pane

spruzzandolo di sale

come se alzandomi la notte bruciante di febbre

bevessi l’acqua con le labbra sul rubinetto

ti amo come guardo il pesante sacco della posta

non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia

pieno di sospetto agitato

ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo

ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il

crepuscolo scende su Istanbul poco a poco

ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.

 

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

(Eugenio Montale)

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue.

 

Aria viva

(Paul Éluard)

Ho guardato davanti a me

In mezzo alla folla ti ho veduta

In mezzo al grano ti ho veduta

Sotto un albero ti ho veduta

Al termine di ogni mio viaggio

Al fondo di tutti i miei tormenti

Alla svolta di ogni risata

Che uscivi dall’acqua e dal fuoco

D’estate e d’inverno ti ho veduta

Nella mia casa ti ho veduta

Tra le mie braccia ti ho veduta

Dentro i miei sogni ti ho veduta

Io non ti lascerò mai più.

 

 Se devi amarmi – Sonetto XIV

(Elizabeth Barret Browning)

Se devi amarmi, per null’altro sia

se non che per amore.

Mai non dire:

‘L’amo per il sorriso,

per lo sguardo,

la gentilezza del parlare,

il modo di pensare

così conforme al mio,

che mi rese sereno un giorno’.

Queste son tutte cose

che posson mutare,

Amato, in sé o per te, un amore

così sorto potrebbe poi morire.

E non amarmi per pietà di lacrime

che bagnino il mio volto.

Può scordare il pianto

chi ebbe a lungo

il tuo conforto, e perderti.

Soltanto per amore amami

e per sempre, per l’eternità.

 

Nome non ha

(Sibilla Aleramo)

Nome non ha,

amore non voglio chiamarlo

questo che provo per te,

non voglio che tu irrida al cuor mio

com’altri a’ miei canti,

ma, guarda,

se amore non è

pur vero è

che di tutto quanto al mondo vive

nulla m’importa come di te,

de’ tuoi occhi de’ tuoi occhi

donde sì rado mi sorridi,

della tua sorte che non m’affidi,

del bene che mi vuoi e non dici,

oh poco e povero, sia,

ma nulla al mondo più caro m’è,

e anch’esso,

e anch’esso quel tuo bene

nome non ha…

 

Selva d’amore

(Sibilla Aleramo)

Gaudio l’amarti,

illimitato gaudio

credere al riso dei tuoi occhi,’

è vertigine ancora

la certezza d’esser da te cantata,

oh più tardi, negli anni non più miei,

or che tremare la vita sento

sul ciglio estremo…

 

Dopo tanta bellezza, che fa sempre bene, come promesso vi suggerisco delle opere in prosa. Parto dalla Frncia e da “Il quaderno dell’amore perduto”, primo e delicatissimo romanzo, di Valerie Perrin, autrice del bestseller “Cambiare l’acqua ai fiori” (a proposito, se non lo avete letto, correte immediatamente a comprarlo). Continuo con un’altra scrittrice francese, Carlone Vermalle, e il suo “Due biglietti per la felicità”. Se avete voglia di romance freschi e frizzanti, vi consiglio quelli di Felicia Kinglsey. Andando in Inghilterra sono deliziosi i romanzi di Melissa Hill ed Ali McNamara.

Concludo questa carrellata citando una delle canzoni italiane più belle, la canzone d’amore per eccellenza nonché una vera poesia in musica: “La cura”, del maestro Franco Battiato.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie

Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo

Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore

Dalle ossessioni delle tue manie

Supererò le correnti gravitazionali

Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie

Perché sei un essere speciale

Ed io, avrò cura di te

Vagavo per i campi del Tennessee

Come vi ero arrivato, chissà

Non hai fiori bianchi per me?

Più veloci di aquile i miei sogni

Attraversano il mare

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza

Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza

I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi

La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto

Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono

Supererò le correnti gravitazionali

Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

Ti salverò da ogni malinconia

Perché sei un essere speciale

Ed io avrò cura di te

Io sì, che avrò cura di te

Non mi resta che augurarvi buon San Valentino, sperando di avevi dato degli spunti interessanti.

P.S: Consiglio anche la lettura di “Una stanza tutta per sé”, di Virginia Woolf, perché come diceva Oscar Wilde “Amare se stessi (in questo caso se stesse) è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta una vita”.

 

Un caffé e … une serie TV: “Sen Çal Kapimi”.

Come diceva Shakespeare, siamo fatti fati della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Cito spesso questa frase, ma oggi è vera come non mai. In questo periodo in particolare abbiamo bisogno di evadere, di fantasticare un po’, di trascendere dalla realtà quotidiana attraverso storie scritte o narrate sullo schermo.  Ultimamente (ci sono cascata di nuovo, come direbbe qualcuno) sto seguendo con particolare piacere Sen Çal Kapimi, “dizi” che mi tiene compagnia da quest’estate. Visto anche l’avvicinarsi di san Valentino, una bella serie romantica mi pare perfettamente a tema.

La storia comincia quando Eda Yildiz, fioraia desiderosa di diventare architetto paesaggista e di studiar in Italia, incontra o meglio, si scontra verbalmente con Serkan Bolat, architetto e uomo d’affari freddo e dedito solo al lavoro, “colpevole” (per un errore) della revoca della borsa di studio e quindi della mancata realizzazione di tutti i suoi progetti. I due, per una serie di circostanze dovranno fingere di essere di essere fidanzati, ma come chi legger facilmente capirà, il loto sentimento diventerà reale. Serkan, il robot che usa sempre la testa e mai il cuore, si lascerà travolgere dalla vitalità, dalla forza e dall’impulsività di Eda. Il cammino per i nostri due ragazzi non sarà affatto semplice e in effetti anche nelle puntate attuali (la soap è ancora in corso di svolgimento) stanno attraversando un periodo di difficoltà, ma sono convinta che il lieto fine arriverà.

Non solo io sono stata conquistata da Sen Çal Kapimi, ma tantissimi spettatori da tutto il mondo aspettano il sabato per sapere come si evolveranno le vicende di Eda e Serkan e dei personaggi che gravitano intorno a loro. Il mix di commedia, romanticismo e dramma che gli autori hanno concepito sta conoscendo, infatti un successo planetario. All’inizio ho adorato l’attenzione ai particolari, alla simbologia degli oggetti, al potere delle emozioni espresse attraverso i libri (viene citato più volte “il Piccolo Principe” oppure “Madonna col cappotto di pelliccia” di Sabahattin Ali, pubblicato in Italia da Fazi), la capacità di inserire elementi che arrivano dritto al cuore degli spettatori, messe in campo dalla sceneggiatrice Ayse Uner Kutlu e sto seguendo con altrettanta partecipazione le pieghe che la “narrazione” sta prendendo grazie a nuovi sceneggiatori.

Molti i messaggi positivi che la serie vuole veicolare, a partire dalla protagonista femminile. Eda è una donna forte, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, uomini o altre donne che siano, che vuole essere artefice del suo destino, ha sofferto molto, ma non si è lasciata mai abbattere dalle avversità. Ha cercato e trovato sempre il lato positivo delle cose. Non è un caso che attraverso la cura dei fiori cerchi di infondere coraggio ai bambini di un orfanotrofio, insegnando loro botanica, in modo che possano prendere esempio dai fiori e dalle piante che resistono alle intemperie. Pensando alla Yildiz (questa parola in italiano vuol dire stella) mi viene in mente una citazione tratta da “Rosso Istanbul” di Ferzan Ozpetek, sempre per rimanere in ambito letterario: “Impara dai fiori a essere paziente, ad aspettare. Perché i fiori lo sanno che dopo un gelido inverno arriva la primavera. Bisogna solo avere pazienza”.

Anche l’amicizia e la solidarietà femminile hanno un ruolo notevole: avendo perso i genitori Eda considera la sua famiglia non solo sua zia (una donna autonoma e indipendente, che le consiglia sempre di non mettere la sua vita nelle mani di nessuno), ma anche le sue tre amiche Melo (il mio personaggio preferito per la sua dolcezza, il suo incrollabile ottimismo e la sua sincerità), Ceren e Fifi, che le stanno costantemente vicino.

Il libello dell’interpretazione degli attori è elevatissimo. Hande Erçel proprio la scorsa settimana ha dato un saggio della sua bravura e non è da meno Kerem Bursin, che ha dovuto fronteggiare la “resa” dei cambiamenti di Serkan. Una menzione speciale va a Neslihan Yeldan, che interpreta Aydan Bolat: nel corso delle 30 puntate andate in onda ha cambiato registri per dare vita alla complessa mamma di Serkan, divertente e commovente, intensa e “leggera” al momento giusto, perfetta in ogni accento ed ogni battuta.

Un altro plauso va fatto alla scelta della colonna sonora. Sia i brani strumentali, che quelli “cantati” sono eccellenti. Mi permetto di consigliarvi l’ascolto di “Gold”, “Bir anda”, “Who do you love?” e “Sen Cal Kapimi”, a cui dà voce Başak Gümülcinelioğlu, attrice che ha il ruolo di Piril.

Se volete vedere virtualmente alcune delle location della fiction, in attesa della puntata di questa sera, vi consiglio di visitare la Pagina “Destinazione Istanbul”. Non mi resta che augurarvi buona visione.

P.S. Se avete cominciato ad amare come me Istanbul e la Turchia, vi vorrei indicare, oltre a quelli citati nella recensione, alcuni libri che ho amato molto: “La stranezza che ho nella testa” e Istanbul di Orhan Pamuk, “Quel tipo di donna” di Valeria Parrella, “I segreti di Istanbul di Corrado Augias”. Per approfondire la lingua invece ho acquistato “Che parlo turco?” di Fatma Emine Umur.

Buona lettura!

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