Un libro e un caffè

"Leggere è sognare per mano altrui". Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

Mese: gennaio 2021

Intervista ad Anna Bells Campani e Raffaella Di Girolamo, autrici di “365 giorni senza di te” – Prima parte (Sperling & Kupfer, 2021)

La “dizi” Erkenci kus (Daydreamer) ha conquistato milioni di spettatori in tutto il  mondo. Poche storie sono state capaci di far sognare come quella di Can Divit e Sanem Aydin, toccando il cuore di donne di tutte le età.  La profondità, la purezza di questa fiaba moderna è stata anche fonte d’ispirazione per la creazione di qualcosa di originalissimo e personale. Anna Bells Campani e Raffaella Di Girolamo, infatti, hanno prima dato vita su WattPad al romanzo “La storia di Sanem e Can”, nel quale rivivevano, insieme ai lettori, i vari episodi della serie, e poi ad un vero e proprio spin-off (è riduttivo secondo me chiamarlo fan fiction) che racconta l’anno in cui i due protagonisti sono stati separati. “365 giorni senza di te” (per ora è uscita la prima parte, ma è in programma l’uscita della seconda) ci racconta quello che nella fiction non abbiamo visto, completandola, a mio parere, e lo fa scandagliando a fondo nella psicologia dei personaggi, facendoci vivere intensamente tutte le loro emozioni. Le due scrittrici ci fanno seguire passo passo il viaggio di Can in giro per il mondo, la sua fuga dal senso di colpa, la sua nostalgia e ci mostrano il dolore di Sanem per la loro lontananza, ma anche il suo incrollabile ed immenso amore. Anna e Raffaella con la loro penna sono riuscite a trasmettere perfettamente, in modo diretto e “semplice”, tutto il pathos emotivo insito nelle vicende narrate e a creare un racconto avvincente e sentito. A conferma di quanto dico c’è il successo capillare ed immediato degli scritti su Wattpad, che poi ha condotto alla pubblicazione di uno di essi, quello di cui vi sto parlando, in formato cartaceo. Da lettrice conquistata ho voluto porre alle autrici delle domande, che vi propongo qui di seguito. Aspettando la seconda parte del libro e ringraziando Anna e Raffaella per loro disponibilità, vi auguro buona lettura!

 1) Per prima cosa vorrei che raccontaste come vi siete incontrate e com’è nato “365 giorni senza di te”.

    A./R. : Ci siamo conosciute per caso, in una pagina dedicata a Erkenci Kus. Stavo guardando la dizi e ispirata da questi personaggi avevo cominciato a scrivere degli inediti ispirati alla serie. Raffa ha letto i miei scritti e mi ha contattata per coinvolgermi in un progetto di cui aveva avuto idea, è nata così “La storia di Sanem e Can” che ha superato su Wattpad il milione di letture. Mentre scrivevamo questa storia ho avuto l’idea di 365 giorni senza di te, ho sempre pensato che quell’anno dovesse essere raccontato. Socia ha accettato subito e così ci siamo buttate in questa nuova avventura.

2) Leggendo il libro mi ha colpita il fatto che le parti scritte dall’una e dall’altra si integrano benissimo, sono in armonia tra di loro. Come siete riuscite a trovare questo equilibrio? Com’è, in generale, scrivere a quattro mani?

 A/R.: Io e socia abbiamo due modi di scrivere molto differenti, e questo fin dalla stesura. Io scrivo molto d’istinto, guidata dalle sensazioni e da quello che mi “dicono” e fanno sentire i personaggi e i loro punti di vista. Socia è più riflessiva e credo che per le trame questa attenzione sia dovuta. È incredibile come, nonostante, le diversità di stile… il nostro modo di scrivere combaci perfettamente. Siamo due tessere di un puzzle che si sono trovate e incastrate per creare qualcosa capace di emozionare.

3) Quest’opera ha mosso i suoi primi passi su WattPad. Trovate delle differenze rispetto al percorso editoriale che poi avete intrapreso?

 A./R.: Su Wattpad hai un riscontro immediato di quello che hai scritto, hai un confronto “vis a vis” con le tue lettrici, soprattutto perché la scrittura non passa da una revisione ma è pubblicata direttamente. È grazie a Wattpad che la Sperling ci ha notate, credo che sia un trampolino di lancio importante dei tempi moderni per chi sogna di fare lo scrittore. Il percorso con la casa editrice è un vero è proprio lavoro, un’emozione unica, sei a contatto con professionisti che hanno il compito di elevare la tua opera, rendendola perfetta per l’uscita in libreria. Sicuramente è il massimo per una scrittrice, ti concede nell’ambito anche una sorta di maturità letteraria, da cui impari moltissimo.

4) Quello del viaggio è un topos molto ricorrente in letteratura ed è declinato in vari modi anche in Erkenci kus. Come lo avete interpretato voi in “365 giorni senza di te”?

 A.: Ricordo ancora che affrontai il viaggio all’esame di maturità nel tema. Non ho mai inteso questo termine come il fare una vacanza, ma come vivere un’esperienza. Ognuno di noi viaggia nella propria strada di vita e spesso visitare altri luoghi ti permette di completare un viaggio soprattutto interno, è una metafora della vita perfetta secondo me.

 R.: Il viaggio può essere inteso come un intermezzo prima di fare altro, un periodo di riflessione, anche interiore. Molti dicono “vado in vacanza così stacco la spina”. Can nel suo viaggio ha avuto tanto tempo per pensare. Sanem, nel suo caso, l’ha utilizzato per riprendersi dopo tanta sofferenza.

5) Quanto è stato complesso ritrarre dei personaggi ai quali il pubblico si è affezionato, mantenendo la loro riconoscibilità, ma approfondendo la loro descrizione e imprimendogli la vostra impronta?

A.: Non voglio sembrare arrogante perché non è nel mio carattere ma ho da subito sentito Sanem e Can dentro di me, è incredibile come sapessi e sentissi esattamente come fargli muovere o parlare o come fosse facile descrivere il loro dolore, tanto da farlo mio ad ogni inedito. Era come se fossi loro in quel momento, durante la scrittura.

 R.: Penso che sia Demet che Can nel loro modo di recitare abbiano trasmesso un po’ a tutte le persone che hanno visto la serie le stesse emozioni e sensazioni.

6) Ho notato un grande lavoro di ricerca dietro alla composizione di quest’opera. La struttura è estremamente composita e avete inserito in modo ben calibrato citazioni di altri libri, di canzoni, leggende. Mi piacerebbe che approfondiste questo aspetto. 

 A.: Mi sono sempre dedicata al romance nella scrittura, perché è il mio ambito. Ma non sono una scrittrice da Harmonie. Ho sempre pensato che dietro o davanti alla storia d’amore principale ci doveva essere altro. Amo raccontare degli spaccati reali di società, oppure andare ad affrontare temi importanti. Essendo una lettrice accanita non potevo che rendere omaggio ai veri scrittori con citazioni che mi accompagnano da sempre.

R.: Io personalmente ho fatto molta ricerca geografica, studiando tradizioni o usanze tipiche dei luoghi visitati da Can. Ho anche imparato cosa vuol dire andare in barca a vela in giro per il mondo e ciò che l’oceano può riservare.

7) Quale personaggio ha rappresentato una sfida maggiore per voi e quale invece avete sentito più vicino?

 A.: Questa è una domanda facile. Can Divit l’ho sempre sentito mio, in alcuni momenti più di Sanem. Ed è proprio di lei che ho avuto più difficoltà a scrivere ma soltanto perché mi sono talmente immedesimata in quel suo stato d’animo che come ho detto prima provavo dolore scrivendo. Divit sotto molti aspetti è simile a me e di conseguenza nei suoi inediti c’è tanto di Anna.

R.: Vedere Sanem nella seconda serie è stato come rivedere me purtroppo. Ho attraversato anni fa un momento un po’ delicato e quindi mi sono immedesimata al 100% in lei. Sono sincera, la condizione di Sanem mi ha spinto a “buttar fuori” ciò che era dentro di me da troppo tempo, ecco questo ha stuzzicato in me la voglia di scrivere e di contattare Anna.

8) Sanem e Can sono due personaggi quasi epici, i due protagonisti di una favola moderna, ma dal sapore antico. Voi avete narrato il momento meno felice, ma più significativo di questa favola e io credo che sia non solo perché non è stato adeguatamente descritto in “Erkenci”, ma proprio perché è il frangente che si presta maggiormente a mostrare la caduta e la rinascita dei nostri eroi, un percorso nel quale ognuno può immedesimarsi. Sbaglio?

 A, : Spesso si tende a non mostrare i personaggi orfani della loro corazza o del vissero felici e contenti. Credo che sia perché al giorno d’oggi in molti sono alla ricerca di un lieto fine e che non si accetti che anche nella narrativa possano esserci momenti difficili e dolorosi. Ho sempre creduto che per raggiungere un obbiettivo, che esso sia amoroso o di lavoro si debba correre per una strada in salita e che il percorso è più importante della metà. Il lieto fine deve esserci, ma diciamo che deve essere meritato. Spero di essermi spiegata.

R.: Hai pienamente ragione. Penso che ogni persona che ha visto “Erkenci” si sia ritrovata in qualche modo dentro la serie. Si sia immedesimata almeno in una delle problematiche affrontate.

 9) Mi piace tantissimo il vostro stile immediato, originale, curato ed “empatico”, frutto di cuore e cesello. Vi ritrovate in questa descrizione?

A.:  Nella scrittura devono esserci entrambi, cuore e istinto ma anche ragione e riflessione. Credo che tu abbia descritto il nostro stile in modo perfetto.

R.: È un modo di scrittura che è venuto da sé, non è stato studiato a tavolino, ma improvvisato e sembra che sia piaciuto.

 

10) I libri hanno un ruolo fondamentale nella prima pare di Erkenci. A quali romanzi o testi assocereste le varie tappe di “365 giorni senza di te”?

A.:  Se dovessi paragonare il viaggio di 365 giorni senza di te a un libro mi viene da pensare a una delle mie scrittrici preferite. Margaret Mazzantini e il meraviglioso libro “Venuto al mondo”. Anche qua si parla di un viaggio, del ritrovarsi. Di un amore che si credeva perduto, di una strada che alle fine converge nuovamente verso le stesse anime. Non poteva non citarla e il suo livello è impossibile da raggiungere. Verso i miei scrittori preferiti io provo una sorta di devozione e immenso rispetto.

R.: Ad essere sincera, io non sono una lettrice e faccio fatica a rispondere alla tua domanda.

11) Un’ultima domanda. La scrittura per Sanem rappresenta la libertà, l’autodeterminazione, lo “spazio” in cui riesce a fuggire quando si  “stanca” della realtà. Cos’è è per voi la scrittura?

 A.: La scrittura per me è aria e mancanza della stessa in contemporanea. Mi azzardo a dire che dopo mio figlio è la cosa più importante per me. Non importa se i miei libri in futuro verranno letti o meno, io non potrei vivere completamente senza scrivere. È come una necessità.

 R.: La scrittura per me è stata una valvola di sfogo emotiva che non conoscevo. Io non avevo mai scritto nulla prima di 365 giorni senza di te, anzi prima della storia di Sanem e Can. In alcuni momenti della storia ho aperto davvero il mio cuore.

“La lezione di Enea” di Andrea Marcolongo (Laterza, 2020)

Voglio cominciare questa recensione con una breve ricordo. Ho “incontrato” per la prima volta Andrea Marcolongo in una trasmissione televisiva. Era estate, non riuscivo ad addormentarmi e facendo zapping mi sono imbattuta nella trasmissione “Sottovoce” di Gigi Marzullo, durante la quale la quale veniva intervistata proprio la scrittrice. Quell’intervista mi ha colpita moltissimo, ho avvertito qualcosa di estremamente affine alla mia sensibilità, tanto che ho acquistato immediatamente “La misura eroica”, diventato poi uno dei miei libri preferiti in assoluto (potete anche legger la recensione qui sul blog), passando in seguito a “La lingua geniale” e “Alla fonte delle parole”, che ho amato tantissimo.  Dopo questa premessa capirete bene che non vedevo l’ora di avere tra le mani “La lezione di Enea”, perché sapevo già che sarebbe stato un testo istruttivo, illuminante e prezioso. Da quello che è scritto in copertina intuiamo che questo libro è indicatissimo in questo momento storico così complesso e che un “classico” come l’Eneide ha tanto da dire anche ai lettori moderni.

 

“Se in tempo di pace e di prosperità chiediamo a Omero d’insegnarci la vita, a ogni rivolgimento della Storia dovremmo deporre Iliade e Odissea e affrettarci a riprendere in mano l’Eneide. Andrea Marcolongo ci fa scoprire l’essenza vera di Enea. L’eroe che cerca un nuovo inizio con in mano il bene più prezioso: la capacità di resistere e di sperare”.

 

“Il canto di Enea è destinato al momento in cui si sperimenta l’urgenza di raccapezzarsi in un dopo che stordisce per quanto è diverso dal prima in cui si è sempre vissuto. Enea è l’eroe che vaga nel mondo portandosi sulle spalle anziani e bambini. È colui che viaggia su una nave senza nocchiero alla ricerca di un nuovo inizio, di una terra promessa in cui ricominciare. È l’uomo sconfitto colui che non ha più niente tranne la capacità di resistere e sperare”.

 

Non ho bisogno di aggiungere altro rispetto a quanto scritto sopra: mai come oggi possiamo sentirci vicini ad un eroe umano, che ha visto il suo mondo bruciare, letteralmente, e ne ha ricreato uno nuovo, non senza sofferenza.

Con la sua grande capacità di entrare in empatia con il lettore, ma anche con il suo talento narrativo, con una scrittura immediata e chiara, ma raffinata, riesce ancora una volta ad avvicinare a noi testi lontani, ma non per questo meno attuali o meno validi.

Competenza, passione e “anima”, ossia quella componente fondamentale di un testo indispensabile per restare non solo nella mente, ma anche nel cuore del lettore (può sembrare una cosa banale e forse anche sciocca, ma per me un libro deve avere un cuore) si fondono per dare vita ad un’analisi approfondita del testo di Virgilio. L’autrice, infatti, fa un’analisi linguistica del testo, parla del suo autore, del tempo in cui il poema è stato composto, della sua ricezione, del suo confronto costante con l’Iliade e l’Odissea, ma questa disamina poi diventa riflessione ampia, profonda e appassionata.

Quest’opera è adatta sicuramente ha chi ha già incontrato l’Eneide durante i suoi studi e vuole approfondire o semplicemente conoscere un altro punto di vista critico, ma anche a chi non la conosce e ne è incuriosito.

“La lezione di Enea” è per chi è curioso e aperto, per chi vuole pensare.

Per me ha rappresentato un nostalgico viaggio a ritroso, un ritorno sui banchi di scuola, sicuramente con più leggerezza e meno preoccupazioni, ma anche un viaggio nel presente, al tempo difficile e anche portatore di grandi cambiamenti che stiamo vivendo (i libri danno spesso gli strumenti per affrontare e in questo caso l’aiuto ce lo fornisce Virgilio) e nel futuro perché si può imparare dalla Storia e dalle storie.

 

“In una vita, gli avvenimenti capaci di scavare un solco netto tra un prima e un dopo sono meno di una manciata. A livello collettivo, alcune rare generazioni, beate, non ne sperimenteranno che due: nascere, morire. Altre sono chiamate a resistere a una guerra o a una catastrofe naturale. O a una pandemia, come la nostra generazione. Si tratta di eventi epici nel senso classico, ben differenti dal dolore del singolo, pur feroce ma sempre individuale, poiché sono gli unici che costringono l’uomo a chiedersi cosa sta succedendo “a noi” e non più soltanto “a me”. Eventi rarissimi, in definitiva, ma capaci di stravolgere il cosa, cioè le regole stesse del gioco. E che ci obbligano a ridefinire molto rapidamente il come di ogni nostra azione ˗ per sopravvivere, innanzitutto, senza perdere la dignità.  Perché è soltanto sul senso di ogni nostro gesto che sono date infinite possibilità di incidere ˗ alcune salvifiche, altre mortali, la maggior parte banali, geniali rarissime epperò necessarie”.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén