Un libro e un caffè

"Leggere è sognare per mano altrui". Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

Mese: gennaio 2020

“La colomba sul pino e la vecchia sotto il fico” di Ferruccio Parazzoli (Aboca, 2019)

“La colomba sul pino e la vecchia sotto il fico”, di Ferruccio Parazzoli è un romanzo estremamente singolare e raffinato. La narrazione si divide in due blocchi. Il “protagonista” della prima parte del libro è un ragazzo che lascia improvvisamente il suo lavoro di cameriere e si reca in un bosco per passare la notte sotto un albero. Lì in contra un uomo, lo Zio, che a sua volta lo conduce dal Cacciatore il quale gli racconterà la leggenda della Maciucia e del Grande Pino. Nella seconda parte, invece, ci viene presentata Olga, che si oppone con tutte le sue forze all’abbattimento del fico che le ha sempre “fatto compagnia” e che è fedele custode dei suoi racconti.

“Non posso vivere senza storie. A me piacciono le storie, ne ho sempre avuto bisogno, la mia come quelle degli altri”.

Questa frase mi sembra perfetta per riassumere lo spirito dell’opera di Parazzoli, in cui a spiccare è il gusto  dell’affabulazione più pura. L’esigenza della trasmissione delle storie agli altri, del non lasciar disperdere l’enorme patrimonio costituito dalle esperienze di una vita traspare con chiarezza mentre scorrono le righe e le pagine. Gli alberi, proprio per il loro valore simbolico, sono degli elementi perfetti per veicolare il concetto che ho espresso poc’anzi e proprio agli alberi Aboca ha dedicato un’intera collana: “Il bosco degli scrittori”.

Con la maestria tipica di chi sa bene come utilizzare le parole, l’autore ci conduce tra leggende e realtà, fantasia e sprazzi di vita reale in un immaginifico ed evocativo viaggio; ci trasporta in un mondo quasi senza tempo, in una sorta di favola moderna dal sapore un po’ nostalgico.

Il lettore si troverà davanti un testo scorrevole, che si “gusta” molto volentieri, per nulla semplicistico, ma, al contrario, elegante ed accurato.

“Lo chiederemo agli alberi/ Come restare immobili/ Fra temporali e fulmini/ Invincibili. Risponderanno gli alberi/ Che le radici sono qui/ E i loro rami danzano/ All’unisono verso un cielo blu”.

Così recita “Lo chiederemo agli alberi”, meravigliosa canzone di Simone Cristicchi che ho immediatamente associata a “La colomba sul pino e la vecchia sotto il fico” e con queste parole così poetiche e profondo desidero concludere la mia recensione, non prima però di aver ringraziato l’agenzia Media Eventi per avermi proposto la lettura di questo interessante volume.

Intervista a Valentina Bardi

Buon pomeriggio a tutti! Con molto piacere vi presento l’intervista che ho fatto a Valentina Bardi, autrice del romanzo “Ventiquattro”. La ringrazio tantissimo per aver risposto alle mie “curiosità” e vi invito a leggere le sue interessanti parole!

1) Per prima cosa vorrei chiederle in che modo ha costruito i personaggi del romanzo, che trovo realistici e ben descritti dal punto di vista psicologico.

Grazie per le osservazioni. Per me significano molto. Per tutto il periodo in cui ho pensato alla trama, non ho scritto nemmeno una parola: ho dato il
tempo ai personaggi, anche a coloro che compaiono solo una volta nel romanzo, di “formarsi”nella mia immaginazione in tutta la loro interezza. Mi sono presa un lungo periodo di riflessione: periodo in cui ho pensato molto e ho immaginato, magari vedendo e rivedendo certe scene e certe battute di dialogo fino a saperle a memoria. Così facendo, quando è stato il momento di scrivere, i personaggi avevano una loro “ossatura”: erano “vivi” e non delle sagome inverosimili.

2) Tra i vari personaggi mi ha colpito molto Chicca, che definirei lo spirito critico del romanzo e che si fa portatrice di molti dei messaggi che  lei voleva dare attraverso la sua opera. Conferma il mio pensiero? Com’è stato darle vita?

Confermo al 100%. Federica (Chicca) è, dal mio punto di vista, il personaggio più
importante della storia, sia a livello di contenuto e di significato delle vicende narrate, sia a livello meramente tecnico. Federica è una sorta di “messaggero” che attraversa il dolore di questa storia perché già “abituata” al suo personalissimo calvario: le sue esperienze l’hanno resa dura e, a volte, scorbutica, ma progressivamente il lettore riesce a leggere la profondità di questo personaggio e il suo animo “puro”. Nei passaggi più delicati del romanzo, è su di lei che si
appoggiano gli altri; ed è su di lei che si fonda anche la struttura di base di tutto l’impianto narrativo. Ho fatto fatica a lasciarla andare dove voleva; soprattutto nei modi. Ma tengo sempre a mente la lezione di una maestra della narrativa contemporanea, Elizabeth Strout: se un personaggio è ben costruito, l’autore deve lasciarlo fare. Ed io ho avuto molta fiducia in Federica. La mia fiducia in lei ha superato i dubbi che, di tanto in tanto, sorgevano.

3) Ha usato spesso il dialetto nel libro e in generale una lingua molto aderente al parlato di tutti i giorni, soprattutto nei dialoghi. È stata una scelta ragionata per avvicinarsi in qualche modo al lettore oppure ha semplicemente utilizzato in modo naturale il suo idioletto?

È successo in maniera naturale e, aggiungerei, irrazionale; nel momento in cui ho realizzato che la storia si svolgeva dalle mie parti, ho immediatamente sentito la necessità di utilizzare una lingua che parlasse di questa terra, che sapesse raccontare le vicende in modo viscerale, senza terminologie artefatte. Anche questo, secondo me, ha contribuito molto a rendere i personaggi vivi e realistici.

4) Mi pare che abbia voluto non solo raccontare una storia, ma anche il suo territorio sia attraverso il linguaggio, che attraverso la descrizione dei cibi, ad esempio. È corretto?

Correttissimo… Il cibo in Ventiquattro diventa una sorta di personaggio a parte: ha una funzione narrativa importantissima perché spesso, in base a cosa si mangia, si coglie il mood e si percepiscono le relazioni emozionali fra i vari personaggi nelle varie scene. Il cibo è stato sempre di enorme aiuto narrativo e l’ho utilizzato come se fosse un transfert emotivo per far entrare il lettore negli umori della storia.

5) Mi piacerebbe che ci parlasse del suo gruppo di lettura e poi che mi dicesse se secondo lei il punto di vista del lettore e dello scrittore siano diversi o complementari.

Il gruppo di lettura Teodorico, è una piccolissima realtà del paese in cui vivo, Galeata: siamo persone di età, esperienze e vissuti diversi, accomunate dalla grande passione per la lettura. Per noi è diventato un modo per incontrarsi e parlare dei libri che amiamo e anche per approfondire e divulgare, sempre con umiltà, la letteratura italiana e straniera. Ogni storia, nel momento in cui diventa libro, si trasforma in qualcosa da condividere: da condividere con il lettore; per questo motivo, secondo me, ogni lettore è un valore aggiunto alla storia (e anche molto di più) perché leggendola, la fa sua, la interpreta e la “metabolizza” in modo personale.

6) In “Ventiquattro” ha affrontato delle tematiche importanti e si vede, come ho scritto, un grande coinvolgimento emotivo. Secondo lei uno scrittore deve calarsi completamente in quello che scrive o è necessario un certo distacco per poter riportare efficacemente ciò che desidera trasmettere?

Personalmente ritengo che siano importanti entrambi gli approcci: quello che fa la differenza ed è determinante, secondo me, è il tempo. Quando sento che sta per spuntarmi l’idea per una nuova storia, è come se piombassi in un’altra dimensione: in superficie vivo la mia vita reale, mentre con la mia immaginazione vivo la storia che scriverò. E quando sono in questa fase, divento un fascio di pura visionarietà ed emozione: sento tutto con la pancia, senza preoccuparmi di filtrare le mie sensazioni. Ma non scrivo neanche una riga. Soltanto in un secondo momento, quando cioè sento che ormai la storia mi è chiara e ho acquisito una sorta di consapevolezza, inizio a scrivere. E in quel momento sono più “calma”, perché conosco così a fondo quello che prima ho soltanto sentito, da riuscire a rimanere vigile.

“Ventiquattro” di Valentina Bardi (Società Editrice “Il ponte Vecchio”, 2019)

Quarta di copertina

Martina sta per compiere diciotto anni e frequenta un ragazzo che a sua madre non piace. Perché è il figlio del padrone della fabbrica locale, perché sua madre è una sindacalista come quelle di una volta e insomma quel ragazzo (com’è che si chiama, Matteo?) non lo vuole in casa sua.

Martina sta per compiere diciotto anni e sempre più spesso si sente una mosca bianca, in famiglia. La madre, Giada, tutta d’un pezzo. Il padre, Andrea, che non c’è mai. Fa il giornalista, inviato in zone di guerra, e sembra che per lui contino più i drammi del mondo che quelli di casa sua; sembra anche, quando si fa vedere, che lui e la mamma non vadano più tanto d’accordo. E poi la sorella maggiore e i fratelli minori di Martina, ognuno alle prese con i propri problemi grandi e piccoli… problemi che la riguardano fino a un certo punto.

Nonostante tutto, però, sembra che il microcosmo che ruota attorno a Martina, ben radicato in un piccolo comune della provincia romagnola, sia in grado di vivere la vita senza troppi sconvolgimenti.

Sembra. Perché un evento inaspettato costringerà la ragazza, la sua famiglia e l’intera comunità con cui si intreccia, a rivedere le proprie convinzioni e a reinventare la propria visione del mondo.

Un romanzo di formazione molto attuale, ricco di momenti toccanti e di argomenti che riguardano ognuno di noi: la famiglia, la coppia, l’essere figli. La fede politica e quella religiosa. La gioia e il dolore, la serenità e la disperazione. E soprattutto la necessità di accettare i propri limiti e raggiungere, finalmente, una nuova consapevolezza.

 

L’autrice

Valentina Bardi vive nella provincia di Forlì-Cesena, a Galeata. È diplomata in sassofono presso il Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena ed è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli studi di Bologna Alma Mater Studiorum. Da sempre appassionata di libri, fa parte del Gruppo di lettura “Teodorico” di Galeata, che da svariati anni propone incontri pubblici e reading su autori italiani e stranieri.
 Ventiquattro è il suo primo romanzo.

 

Recensione

Martina ha 18 anni, sta vivendo la sua prima storia d’amore e un momento non facile in famiglia. Sua sorella infatti ha appena vissuto un grande dolore e il matrimonio dei suoi genitori attraversa una fase delicata. Il padre della giovane, Andrea, è un inviato di guerra, uno spirito libero che ama il proprio lavoro, ma è costretto a trascurare i suoi cari.  Giada, sua madre, è un sindacalista forte, pragmatica, che però si lascia per un attimo sopraffare dalla fragilità e dall’insicurezza proprio a causa del carattere sfuggente del marito. Un evento tragico e inaspettato costringerà Martina e le sue amiche a maturare, anzi a cambiare, ma anche i familiari della ragazza ad unirsi e a mettere da parte le tensioni e gli screzi per ritornare a quello che più conta: l’amore reciproco.

Il romanzo di Valentina Bardi è intimo, intenso e sfiora delicatamente tematiche che possono afferire alla quotidianità di ciascuno di noi come l’adolescenza, il cambiamento, la crescita personale e l’acquisizione di nuove consapevolezze, ma anche le dinamiche che possono prodursi all’interno di un nucleo familiare o la vita di provincia, semplice nonché ancorata alle tradizioni.

Anche lo stile utilizzato  ̶  l’autrice ad esempio usa in alcuni momenti il dialetto  ̶  riflette l’atmosfera naturale, semplice e genuina presente nel libro e che ho molto apprezzato.

“Ventiquattro” è un romanzo in cui possono riconoscersi sia i giovani sia gli adulti e in cui si nota un interessante lavoro di introspezione psicologica oltre che la volontà di ricostruire con precisione, ma anche con coinvolgimento emotivo la realtà di ciascuno di noi.

 

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén