Per ognuno di noi c’è un libro: che sia da leggere o da scrivere ciascuno può avere le storie che gli si confanno di più, per genere, per stile di scrittura (o lettura) o semplicemente per inclinazione personale.
Questo mi è apparso ancor più evidente, quando, per un caso eccezionale, mi sono trovata “contemporaneamente” di fronte a tre opere diversissime l’una dall’altra per tutte le ragioni che ho elencato prima.
È stato un privilegio ricevere da Simona Mirabello, che ringrazio di cuore per la fiducia, “Game day” di Federica Tronconi (O.D.E. Edizioni), “A cavallo verso nessuno” di Serena Guerra (Rossini Editore) e “Principessa Sarenghae” di Diego Galdino (Bertoni Editore).
Il primo testo è un romanzo rosa moderno con tutte le carte in regola per appassionare gli amanti del genere: due protagonisti che sembrano universi lontanissimi l’uno dall’altro e invece finiscono per trovare l’incastro perfetto, scintille iniziali, ostacoli e tanto sentimento. L’intrigante storia d’amore tra Stefania, una giornalista sportiva seria, decisa e delusa dall’amore e Andrea, aitante cestita con la fama di donnaiolo, ritenuto tanto bello quanto superficiale (in realtà ben diverso da come lo dipingono), risulta perfettamente coerente nella costruzione e di agevole lettura. Con semplicità, ma altrettanta perizia, “Game Day” centra in pieno l’obiettivo, ossia quello di offrire una love story che possa far rilassare, divertire ed emozionare chi la leggerà.
Passo ora a parlarvi dello scritto di Serena Guerra, cambiando totalmente “atmosfera”. Si tratta, infatti, di un diario molto profondo, del racconto intimo, anche sofferto a volte, dell’esperienza di vita della narratrice che però in alcuni momenti acquista un afflato universale. In effetti tutti prima o poi nella vita ci chiediamo se quel che accade, accade a caso o ha un senso; tutti cerchiamo il nostro posto nel mondo e il senso del nostro del nostro esistere. La protagonista ha una fortissima passione per i cavalli, per le arti marziali e ha un mondo spirituale estremamente vivace con cui lotta a volte. Cerca di placare, a volta, il tumulto che sente dentro anche attraverso la meditazione, che le dà serenità. Nella natura trova conforto e anche quel senso di divino che non riesce a cogliere nella religione “canonica”. Il flusso di coscienza detta i tempi della narrazione, che sicuramente ha lo scopo di far riflettere, oltre che rappresentare quasi una terapia per chi racconta. Piccola postilla: da aspirante traduttrice ho assolutamente amato il riferimento alla traduzione di Zanna Bianca, in particolare riferendosi alla natura come a “Lo Wild”. Non è scontata un’analisi traduttologica in un libro e, appunto, essendo sensibile alla tematica non ho potuto che apprezzare questa “divagazione”.
Arrivo dunque all’ultimo testo che ho avuto il piacere di visionare, quello di Diego Galdino. Ho già avuto modo di apprezzare la sua scrittura e anche in questo caso non sono rimasta delusa. Delicato, dolce, ironico, con un gusto rétro che lo rende delizioso, “Principessa Saranghae” è la storia di un sentimento particolarissimo, nato tra Giulio, un romano che ha aperto un negozio di palle di neve e una principessa coreana del 1300, che l’uomo riesce a conoscere “entrando” in una palla di neve magica regalatagli da un uomo in America.
Un amore impossibile (ma forse neanche tanto) tra presente e passato, sogno e realtà, soldati del XIV secolo severissimi e una moderna Roma, ma che proprio in questa imprevedibilità trova il suo tratto caratteristico.
I versi iniziali pregevoli, ma romanticissimi e, per me, commoventi fanno da apripista un racconto ricco di sensibilità e originalità. Senza strafare Galdino ci mostra che forse alcuni valori non andrebbero mai persi e non dovrebbero mai passare di moda.
Vi ho mostrato tre pianeti letterari differenti e non c’è niente di più bello che perdersi in essi e vedere quanto possano arricchire le storie e le parole più variegate.
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