Un libro e un caffè

"Leggere è sognare per mano altrui". Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

“Ogni storia è una storia d’amore” di Alessandro D’Avenia (Mondadori, 2017)

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La lettura di questo libro è stata un vero e proprio viaggio emozionale per me, ha parlato al mio cuore, ma stimolato la mia curiosità intellettuale.

Il mito di Orfeo ed Euridice, interpretato in modo sorprendente, fa da collante all’esposizione di trentasei storie di compagne di scrittori, artisti o musicisti attraverso le quali approfondiamo il significato della parola amore, semplice, ma al tempo stesso estremamente complessa.

Questi racconti, quasi delle lettere dirette e ricche di pathos, ci fanno conoscere donne innamorate, indipendenti, devote, combattive, in conflitto col proprio uomo o con se stesse, infelici, ma in ogni caso grandi perché capaci di ispirare, perché soggetto prima che oggetto d’amore.

Conosciamo l’abnegazione della moglie di Johann Sebastian Bach che “accantona” il suo talento per mettersi a sevizio di quello del marito e della famiglia, la dedizione di Tess Carver, roccia per il suo compagno a cui ha curato “la vergogna di dover morire” “come devono fare gli amanti”, il coraggio di Nadezda Mandel’štam che impara a memoria le opere del suo uomo, arrestato e poi ucciso in un gulag, per farlo sopravvivere nei suoi testi, la lotta Caitlin “contro” Dylan Thomas, i suoi tradimenti e il suo alcolismo, la follia di Antonietta Pirandello riflesso di quella narrata dal geniale Luigi, il rapporto ambivalente di Ted Hughes e Sylvia Platt, troppo uguali per lasciarsi andare ad un sentimento autentico (“Possono amarsi due specchi? O se li metti uno di fronte all’altro producono un gioco infinito e vertiginoso di falsi rimandi?”), la disperazione di Jeanne Modigliani, l’unica donna a cui il pittore ha dipinto gli occhi, neri come l’abisso in cui era precipitata.

L’insegnamento che ricaviamo dagli exempla proposti dall’autore è che l’amore non è una favola (non è un caso che se le favole finiscono in modo gioioso la storia d’amore per eccellenza secondo l’autore, quella di Orfeo ed Euridice, il filomito, il fil rouge di questo testo, comincia con un lutto: è proprio la sposa a morire gettando nella disperazione l’amato), ma somiglia “a un minerale ancora incastonato nella malga della roccia tra pressioni, profondità, polvere e durezza”.

Citando i versi del poeta Hartley Coleridge l’amore reale è “immortale come la verità incorrotta”. Chi ama dev’essere in grado di “intuarsi (entrare nel tu dell’altro sempre più in profondità)”, “infuturarsi (entrare nel rischio del futuro insieme all’altro)” e “insemprarsi (svincolarsi dal tempo orizzontale pur appartenendovi  e abitare un tempo verticale, che è l’anticipo di qualcosa che potrebbe durare anche dopo la morte)”.

D’Avenia ci spinge a riflettere sulla profondità del verbo amare e ci mostra delle figure femminili che “grazie all’intelligenza del cuore” incarnano questa profondità (seppure in modo diverso), apre una finestra sulle vite di personaggi illustri che hanno ricevuto il dono dell’arte e di muse capaci di smuovere la loro creatività e ci offre un volume in cui si percepisce il piacere dell’affabulazione, ma che si legge anche con estremo interesse. In esso non c’è nulla di melenso o stucchevole, ma un coinvolgimento autentico che si coglie in modo chiaro e di sicuro vale la pena non solo di tenerlo nella propria libreria, ma anche di rileggerlo varie volte per afferrarne tutte le sfumature e i dettagli.

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  1. Alessandra

    Bravissima!! Mi fai sempre venire voglia di leggere i libri che recensisci ma questo corro a comprarlo oggi!! E’ un peccato che le tue parole restino “solo” sul tuo blog! Juli, sei una fuoriclasse!! Tanto affetto, Alessandra

    • Giuliana Benedetto

      Ale,sono felicissima per il tuo commento e perché mi segui. Grazie mille per l’incoraggiamento e per l’affetto! Un bacione!

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