Un libro e un caffè

"Leggere è sognare per mano altrui". Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

Mese: febbraio 2020

“Come un delfino” di Gianluca Pirozzi (L’Erudita – Giulio Perrone Editore, 2019)

Recensione

“Come un delfino” è la “semplice”, piccola, grande storia di un uomo, Vanni, alla costante ricerca della serenità e della stabilità interiore. In effetti sin dalla più tenera età la sua vita non è stata facile, con una famiglia complessa “governata” dagli accessi violenti del padre, un artista dal carattere spigoloso e nella quale la presenza più rassicurante è quella di nonna Jole che però muore improvvisamente. Un altro importante lutto lo segna profondamente e lo costringe a maturare in fretta. Nel corso degli anni Vanni si allontana dai suoi cari per studiare, vive i suoi amori e finalmente trova un compagno con il quale decide di avere un bambino grazie ad Amandine, un’amica che si offre di fare a madre surrogata. Tutto sembra procedere per il meglio, ma ancora una volta, il nostro protagonista si trova davanti ad un bivio.

Il testo di cui vi sto parlando è, come si può intuire, una sorta di romanzo di formazione, ma anche un diario accorato e sincero nel quale il narratore mette completamente a nudo le sue emozioni. Tutto il suo percorso è raccontato molto dettagliatamente e l’atto introspettivo attraverso il quale Vanni rilegge la sua esistenza parte dall’infanzia fino ad arrivare alla maturità, mostrando al lettore le nuove consapevolezze alle quali è arrivato dopo un viaggio ricco di ostacoli e di esperienze negative, ma anche positivo.

L’autore ha scritto senza dubbio un libro in cui si parla di realtà quotidiana, di evoluzione personale e che fornisce moltissimi spunti di riflessione, un libro che senza dubbio si legge con immediatezza e facilità.

Biografia dell’autore

Gianluca Pirozzi è nato a Napoli e ha vissuto in Italia e all’estero. I suoi racconti sono stati più volte premiati nell’ambito di rassegne letterarie nazionali e inclusi in diverse antologie. Ha pubblicato: Storie liquide (2010), Nell’altro (2012) e Nomi di donna (2016), quest’ultimo è uscito in Spagna col titolo Nombres de mujer (2018).

 

Segnalazione: “Una mancanza perfetta” di Sergio Ragone (Edizioni Hermaion, 2020)

Con molto piacere vi segnalo questo libro di Sergio Ragone. Di seguito riporto il comunicato stampa gentilmente inviatomi dall’autore.

 

“Una mancanza perfetta”, il libro che racconta i sentimenti di una generazione incompiuta

 

Il romanzo di Sergio Ragone (Hermaion Edizioni, 2020) racconta i sentimenti e le vite di una generazione precaria, insicura, in perenne attesa. L’amore di Luca per Laura, le difficoltà della precarietà lavorativa che incidono anche nei rapporti sentimentali, la scrittura come cura alla distanza che li divide. In libreria dal 2 febbraio.

Avere venti anni in una città del Sud e riscoprirsi adulti, a quasi quaranta, alle prese con l’amore digitale, liquido e percepito. La storia di Laura e Luca, scritta dal giornalista e scrittore Sergio Ragone e pubblicata da Hermaion Edizioni, è una fotografia calda e traslucida delle relazioni umane dei nostri tempi, tra sentimenti percepiti e mai realmente vissuti e solo raccontati. La precarietà del lavoro come metafora esistenziale, la vita lontano da casa come unica via possibile per affermare il proprio talento. Nelle pieghe delle lettere dei due protagonisti un sentimento di appartenenza reciproco, fatto di ricordi, illusioni e un bisogno di tenere salde le proprie origini come ferme radici di alberi scossi dal vento. La mancanza perfetta è l’attesa, un tempo sospeso in cui tutto è possibile e che i due protagonisti scelgono per non spegnere la luce calda del loro amore, fino a quando Luca non deciderà di dare una svolta alla sua vita e a quella di Laura. “Una mancanza perfetta” è un romanzo che parla di sentimenti forti in un tempo complicato che amplifica le percezioni, le narrazioni delle singole vite, ma ne esalta le solitudini come unica cifra possibile dell’esistenza umana. Nel libro è possibile leggere uno spaccato autentico ed originale della vita degli under 40 italiani, schiacciati tra ambizioni di carriera e paure sentimentali. 

Nella prefazione, firmata dal giornalista e poeta Francesco Cosenza, il libro di Ragone viene presentato così: “Sono parole scritte sulla pelle, consegnate al mondo e poi tornate. Sono fiumi di occhi e mani come mappe e indirizzi disegnati su note di canzoni, cucite negli sguardi come vestiti. Le pagine di Sergio Ragone, fanno una passeggiata nel “fuoco“ interno della pelle di prima toccando geografie e figure, angoli di stanze che sognano il mare arrampicandosi sui battiti di una voce, a volte nitida di nome, altre volte disorientata nei chiaroscuri di “labirinti”  ampi di una maturità quasi temuta e ancora lontana. Ci sono gli elementi universali di una generazione, sfogliati, trasferiti e scelti nei linguaggi in fila, come birre scivolate su un bancone, pronte a riempire mani e sere per cercare di vestire un nome in cammino a sfiorare altri nomi. Respirano, nelle descrizioni del libro atmosfere, ponti immaginati come sogni, diversi ed uguali a formare un volto, a riempire un vuoto. C’è poi il tempo che l’autore spoglia e consegna nudo, esposto ai venti, alle carezze e ai dolori. È così il mondo di Sergio Ragone, che gira in macchina per aspettare uno squillo come una carezza in un saluto che racconta e scrive, apre, chiude e disegna. Conta i passi nei viaggi verso città, sessioni di esami in gioco, poggiate sullo sfondo di un sogno altro suo, di tutti. C’è il calcio che si mischia alle note, una poesia di Calvino nella luce di una mail attesa, tra la finestra di casa e la Spagna. C’è un paese che scorre in un blog, come un’autostrada percorsa di notte, a contare le stelle e le labbra, di una ragazza al finestrino, che scrive le emozioni e le paure, quelle dell’autore che diventano nostre. C’è un tessuto umano di reti, amici e sere, giorni a inseguire i giorni. C’è Milano e poi Roma, c’è via Torraca, a Potenza, ci sono valigie nei treni e sentieri. Tutto questo, è il quello che basta, per bere un bicchiere di cielo capovolto su chi, come Sergio Ragone, ha il coraggio delle parole, scritte in alto, dentro la pelle”.

All’interno del romanzo c’è anche il soggetto del cortometraggio “Amore a Distanza”, spin off del volume.

 

“Che vita meravigliosa” di Diodato (Carosello Records, 2020)

Probabilmente è vero che alcune canzoni e alcuni artisti arrivano al momento giusto, quando ciò che hanno da dire parla davvero al cuore e probabilmente è per questo che, pur avendo sempre apprezzato il talento di Diodato, solo ora esso ha completamente catturato la mia attenzione e ottenuto la mia ammirazione più sincera. Forse bisogna avere la giusta maturità per capire la bellezza e l’arte pura, ma ora questa bellezza e quest’arte sono ben visibili e comprensibili. L’ultimo album del cantautore tarantino è un concentrato di meraviglia, la faticosa meraviglia derivante dal fatto di essere umani, di provare emozioni contrastanti, del fare i conti con sé stessi e con la realtà circostante. Già nella copertina tutto questo viene riassunto perfettamente: un uomo assorto, in solitudine col mondo davanti, uno specchio d’acqua nel quale riflettersi e vedere il riflesso delle cose. La “title track” è una travolgente, coinvolgente, festosa e al tempo stesso malinconica celebrazione di quel mare tempestoso e pieno di energia (positiva e negativa) che può essere l’esistenza.

Gli undici componimenti presenti nel disco sono tutti degni di nota, un intreccio di musica di gran qualità e parole di una sincerità spiazzante in cui è impossibile non identificarsi in qualche modo.

“Fai rumore”, il brano che ha vinto il settantesimo Festival di Sanremo ha colpito profondamente me e tanti altri perché evidentemente ha dato voce a un sentimento comune, quel bisogno di sentire il rumore delle persone a cui vogliamo bene, anche se si sono allontanate, anche se sono diventate un’assenza comunque presente e anche se non sempre si ha il coraggio di esternare le proprie emozioni.

“Fino a farci scomparire” è lo struggente resoconto della fine di un amore, ma anche l’ammissione che nonostante il tempo lenisca la sofferenza e faccia sì che si vada avanti, non laverà fino in fondo via le tracce del sentimento che c’è stato. Altrettanto dolente seppur nella sua dolcezza disarmante è “Quello che mi manca di te”, quasi un sussurro intriso di nostalgia e di affetto, di quell’affetto viscerale che proviene dalla condivisione delle cose piccole, ma belle di tutti i giorni.

“La lascio a voi questa domenica” e “Alveari” a mio avviso sono sue facce della stessa medaglia. In entrambe, con dei punti di vista diversi Diodato affronta un tema importante, il rapporto tra il proprio microcosmo e quello che avviene intorno a noi. In “Alveari” in particolare mi sembra venga asserita l’importanza non solo dell’apertura verso mondo e verso altri, ma anche verso se stessi. In quest’ottica anche gli errori servono per ritrovarsi e ricordarsi le cose essenziali.

 

Ma io che parlo a fare/ che sono come te/ che fingo di capire/ e poi non so capire/io che parlo a fare che proprio come te mi perdo in questo niente chiuso in un alveare/ Per poi cadere un giorno/ cadere un giorno e ricordarsi che è tutto così fragile/ un equilibrio facile da perdere/ ma cadere non è inutile/ cadere non è inutile cadere è ritrovarsi/ ricordarsi di nuovo/ dell’essenziale invisibile dell’essenziale invisibile

 

“E allora faccio così” con ritmo ed orecchiabilità parla della depressione, ma anche del desiderio di rinascere. Il ritornello è gioioso e liberatorio ed è impossibile non ballare e canticchiare questo brano, esattamente come “Non ti amo più” e “Cretino che sei”, spietate, se vogliamo, ma strepitosamente coinvolgenti.

“Il commerciante” è una lucida analisi della società odierna, una società in cui la competenza e la passione sembrano avere sempre meno valore, soppiantati dall’impersonalità e dalla massificazione.

Ho lasciato per ultima “Solo”, che è un pezzo commovente, autentico, di un’intensità devastante. Non è semplice secondo me, accostarsi ad argomenti così intimi e complessi, ma Diodato riesce anche a parlarci di solitudini in modo realistico, ma con la poesia che contraddistingue i veri artisti.

So che parlare di musica non rende quello che la musica riesca a dare, per cui posso solo concludere dicendo che questo disco fa davvero bene all’anima, per cui fatevi un regalo e ascoltatelo.

 

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