Cecilia ha letto per voi “L’imitazione di una foglia che cade” e ve ne parla in questo articolo. Grazie di cuore ad Aboca per averci inviato una copia del libro e per aver atteso a lungo questa recensione.
Uno scrittore vive solo da molti anni, ormai abituato alla solitudine. Una mattina riceve un pacco che contiene un libro: Historia Francorum di Gregorio di Tours appartenutogli anni addietro. Il pacco non ha mittente ma l’unico indizio è un indirizzo che non gli rammenta niente. Ma nascosto tra le pagine del libro il nostro protagonista scopre un suo vecchio quaderno contenente il suo primo romanzo, mai pubblicato. E ritorna indietro nel tempo, a quando con i suoi amici frequentava la bancarella di libri di Monsieur Pienau, per intraprendere un viaggio nella filosofia e nell’amore.
Nelle prime pagine scrive: “Nella mia storia non c’è un ulivo ma un acero americano [….] qui l’albero non fa da semplice spettatore degli eventi. Una sola foglia di quell’acero, giunta per caso sul balcone di casa mia, fu sufficiente infatti a cambiare il corso della mia vita”.
“L’imitazione di una foglia che cade” è un testo breve ma intenso, ricco di descrizioni delicate. È un libro che stimola udito e vista, che mentre lo leggi ti fa immaginare il fruscio di una foglia che cade o i colori di un bosco in autunno. Alcuni tratti sono poesia. Un libro che stimola all’introspezione, al ripensare al passato, alla verità. Perché, come scrive Doninelli “Solo le nostre parole, infatti, spesso non parlano, oppure dicono altre cose da quelle che vorrebbero significare”.
La delicatezza di questo libro in alcuni tratti è sconcertante perché si scontra con la durezza del messaggio che vuole trasmettere “In ogni vero romanzo, per quanto parli di mare, esistono non dette anche le montagne, e nella scena più cruenta vibra il velo di una tenerezza immaginata, o perduta”.
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