Ormai penso che siate abituati alle mie lunghe assenze. Mi dispiace non scrivere di più e più spesso e soprattutto di non mantenere tutti i miei impegni in modo tempestivo. Bando alle ciance e alle scuse comunque, torno per parlarvi di un libro pubblicato dalla casa editrice Altano, “La casa di Leyla”, il secondo dei due testi che la redazione ha gentilmente deciso di inviarmi.

Scritto da una delle voci più influenti ed eclettiche voci della letteratura turca (Livanieli è anche musicista) il libro narra la storia di Leyla, anziana signora discendente da un’antica famiglia ottomana che viene costretta a lasciare il suo yali. Per giorni la donna resta fuori dallo yali in segno di protesta, ma alla fine viene convinta, dal giovane giornalista Yusuf, che l’aveva conosciuta quando era un bambino, ad andare a casa sua in attesa di trovare un posto in cui stabilirsi. Yusuf ha una compagna, Rukiye, una cantante rap ribelle che si fa chiamare Roxy, dal carattere complicato e spigoloso e con una storia estremamente complessa alle spalle.

Il costante intreccio tra le vicende private dei protagonisti e la storia della Turchia è uno degli elementi chiave della narrazione, quello che emerge immediatamente dalla lettura. L’equilibrio perfetto tra la narrazione fittizia e il dipanarsi delle vicende di questo affascinante Stato sicuramente è la dimostrazione della maestria dell’autore. Leyla simboleggia sicuramente il passaggio dall’antico al moderno, la sensazione di spaesamento che da questo può derivare, la difficoltà che si può averne nell’accettare i cambiamenti storici ed individuali e quest’opera è perfetta per assaporare profumi, le tradizioni e la cultura turca. Rappresenta pienamente quell’aura struggente, intensa e melanconica che da sempre accompagna questo affascinante Paese. Hüzun è la parola che viene in mente scorrendo soprattutto alcune pagine, pagine piene di descrizioni suggestive e di affascinanti ricostruzioni storiche. Non è però solo questo che colpisce del testo di Livanieli. Ognuno dei personaggi viene esplorato in tutte le sue peculiarità e contraddizioni. In particolare vorrei soffermarmi sulle due donne che sono il centro nevralgico della storia, a mio parere.

Leyla ha l’anima di un’artista, ha la capacità di rendere poetico il mondo con la sua grazia, col suo silenzio carico senso, con le sue parole ricche di grazia, col tocco delle sue dita sul pianoforte che riesce a rompere qualsiasi barriera. Molto interessante è l’evoluzione di Roxy che apre una finestra sulla tematica dell’immigrazione, anche di ritorno e sostiene una tanto dura quanto commovente lotta contro se stessa. La sua ricerca di un luogo “spirituale”, per così dire, in cui sentirsi pienamente compiuta, in cui non sentirsi sbagliata e trovare pace è avvincente ed estremamente vera. È il contrario del suo fidanzato, così idealista, puro ed accogliente, ma dietro la sua corazza si nasconde molto di più di ciò che mostra. La sua metamorfosi, la sua evoluzione è interessantissima.

Il viaggio che questo romanzo ci fa fare sul Bosforo, ma anche nei meandri della natura umana ha un valore inestimabile e consiglio di intraprenderlo a chiunque ami la profondità, andare metaforicamente altrove, in mondi e per strade lontane e tortuose, in cui il cammino è ricco di scoperte.